martedì, Aprile 16, 2024

ARDEA, SANDRO TOVALIERI PRESENTA “COBRA: CENTRAVANTI DI STRADA”

Tovalieri ama definirsi “centravanti di strada”, tutti lo conoscono come “Il Cobra”. L’ex calciatore ardeatino è famoso per aver giocato tra gli anni Ottanta e Novanta per Roma, Pescara, Arezzo, Avellino, Ancona, Bari, Atalanta, Reggiana, Cagliari, Sampdoria, Perugia, Terni. Sandro Tovalieri era uno dei talenti, insieme a Righetti e Giannini, della giovane Roma che nel 1983 (mentre la prima squadra di Pruzzo, Conti e Falcão vinceva lo scudetto), si aggiudicava il torneo di Viareggio. Ma il suo destino non era quello di affermarsi nella capitale, dove pure tornò tre anni dopo per subentrare nientemeno che a Bomber Pruzzo, ma di viaggiare in lungo e in largo per tutto il Paese, conquistando alcune delle piazze più difficili del calcio italiano e infiammando le tifoserie più calde, che ancora oggi lo amano con inalterata passione. A lui sono dedicate canzoni rap, pizze speciali e birre artigianali. D’altra parte, 143 gol fra i professionisti non sono numeri da tutti. Ma non è certo solo per la sua spiccata propensione a mordere mortalmente le difese avversarie che il Cobra è ancora un mito per tanti tifosi. È innanzitutto per la sua umanità schietta e vera, quella che, con il suo aspetto un po’ guascone, Tovalieri comunica subito, a chiunque lo incontri, e che è forse il dono più bello anche di questo libro, in cui Sandro ci racconta il romanzo di una vita piena di episodi indimenticabili e di gioie esplosive, di affetti profondi e di dolori lancinanti, di battaglie sportive e personali vinte e perse, ma sempre giocate col cuore, fino all’ultimo minuto di recupero. “E’ con orgoglio che ad Ardea viene presentato il libro del Cobra, un ardeatino doc che ha vissuto la gloria del calcio professionistico insieme a una storia di vita dalle mille emozioni – ha spiegato il sindaco Luca Di Fiori – E’ un modello per tanti giovani calciatori della nostra città”. “Ho il ricordo di Sandro sedicenne, emozionato, con gli occhi luccicanti per la sua prima panchina nell’anno dello scudetto della Roma – ha scritto Bruno Conti nel testo – Era il 1983. Seduto proprio lì, incredulo, accanto a noi, ai suoi idoli. Era un bambino, ma già aveva una buona propensione al gol, un istinto che pochi avevano alla sua età. Intelligente in area di rigore, furbo nel girarsi al volo e trovare lo specchio della porta, bravo nel calciare, esuberante, anche incazzoso se i compagni non gli passavano la palla. Un giocatore che in campo creava movimento, non aveva paura di nulla, mordeva le difese avversarie con una gran voglia di metterla dentro. Sapeva quando doveva toccare il pallone con precisione e quando con potenza. Era lì, sempre in agguato. Doti che hanno solo i bomber di razza. E il Cobra, lo era”. “Sandro era un ragazzino quando il mister lo chiamò ad allenarsi con noi. Aveva il gol nel Dna. Lui dice di aver imparato qualcosa da me e questo mi fa piacere, ma personalmente non credo sia così, se il senso del gol lo hai nel sangue non c’è nessuno che può insegnarti nulla e lui quell’istinto killer in area di rigore lo aveva di suo”, racconta di lui Roberto Pruzzo.

Redazione
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