venerdì, Aprile 19, 2024

DEMENZE, GRANDE PROBLEMA DA GESTIRE

Le demenze comprendono un insieme di patologie (demenza di Alzheimer, demenza vascolare, frontotemporale, a corpi di Lewy, ecc.) che hanno un impatto notevole in termini socio-sanitari sia perché un sempre maggior numero di famiglie ne sono drammaticamente coinvolte, sia perché richiedono una qualificata rete integrata di servizi sanitari e socio-assistenziali. Il progressivo invecchiamento della popolazione generale, sia nei Paesi occidentali che in quelli in via di sviluppo, fa ritenere queste patologie un problema sempre più rilevante in termini di sanità pubblica. Numerosi studi mondiali dimostrano come la prevalenza delle demenze prese nel loro insieme è di circa il 6%. Conseguentemente nel nostro territorio (Ladispoli e Cerveteri) sono attese, posto che si contano circa 100.000 abitanti, approssimativamente 6000 persone con sintomatologia conclamata e un numero imprecisato ma non meno di altre 6000 con stato di latenza. La terapia delle demenze senile si presenta particolarmente difficile e complessa. Da una parte la terapia farmacologica, basata sulla teoria della riduzione della concentrazione della acetilcolina nella corteccia cerebrale fa affidamento sugli inibitori della acetilcolinesterasi (memantina), che fino ad ora non ha dato i risultati sperati ed anzi si può dire che non modifica significativamente la storia della malattia. Dall’altra cominciano ad affacciarsi ipotesi, oramai corroborate da studi su vasta scala, di terapie alternative. Per esempio, uno stile di vita attivo e socialmente integrato in età avanzata può proteggere contro la demenza e in particolare hanno effetto protettivo 3 componenti dello stile di vita: sociale, mentale, fisico. Uno studio del new england journal of medicine del 2003 elenca una serie di attività che considera protettivi: partecipare a giochi da tavolo e di società, leggere, suonare strumenti musicali, fare parole crociate, scrivere, ballare, dedicarsi alla cura della casa, praticare ginnastica di gruppo, dedicarsi alla cura dei bambini (fare il nonno e la nonna), nuotare. Uno studio molto più recente prende in esame studi effettuati in molte parti del mondo che in modo unanime confermano che l’attività motoria e in genere una concezione di vita volta al movimento e alla attività prevengono in modo significativo l’insorgenza della demenza senile e che una terapia impostata su un programma motorio e fisico appropriato può rallentare in maniera evidente la progressione della malattia e addirittura migliorare le funzioni cognitive. Nel nostro territorio sono allo studio due progetti tesi a mettere in atto tali terapie alternative. Dott. Italo Gionangeli Medico di base Specialista in Neuropsichiatria

Redazione
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