mercoledì, Aprile 24, 2024

Niente assistenza: bambina disabile resta a casa

«Io e mio marito abbiamo deciso, per un problema esclusivamente di sicurezza, di mandare nostra figlia disabile a scuola, solo due volte a settimana a seguito del taglio al monte ore di assistenza che il Comune avrebbe dovuto assicurare col servizio Aec (assistenza educativa culturale). Mia figlia, in base alle legge 104, ha tutte le carte in regola per la copertura totale di un docente di sostegno ed ha sempre avuto diritto fin dalla materna alla copertura totale del servizio Aec, che si è occupato dei suoi bisogni primari, non essendo autosufficiente in nessuna funzione. Nello specifico, mia figlia, frequentando l’orario scolastico ridotto, avrebbe diritto a 25 ore settimanali di assistenza Aec, ma quest’anno gliene sono state assegnate inizialmente solo quattro che sono state successivamente integrate con altre quattro, arrivando a otto ore di copertura settimanale. Quindi mia figlia, ad oggi, frequenta la scuola solo il martedì e il giovedì mattina con cinque ore di sostegno e quattro di assistenza fisica giornaliera. Tutto cio è assurdo».
A parlare è Romina Vignaroli, insegnante in una scuola elementare e mamma di Roberta, una bambina di 14 anni affetta da una malattia rara, una mutazione genetica che ha comportato disabilità al 100%, ritardo mentale profondo, tetraplegia e deficit visivo grave. La storia di Roberta è per certi versi comune a quella di altri bambini disabili di Cerveteri che quest’anno, coi tagli al servizio, usufruiscono di un monte ore di assistenza in misura inferiore rispetto a quella attestata dalla competente commissione Asl al termine di un complesso accertamento medico.
«Mia figlia, che quest’anno frequenta la quarta elementare – continua mamma Romina – è come una neonata alla quale devi fare tutto. Frequentare la scuola e stare insieme con i coetanei è per lei l’unica sua piccola fonte di stimolo. Abbiamo sempre puntato all’integrazione e alla socializzazione e ci siamo sempre messi a disposizione, sia economicamente che fisicamente, per qualsiasi esigenza riguardante gite, materiale scolastico o attività inclusive. Cerchiamo in tutti i modi di fargli fare una vita il più attiva possibile».
Mamma Romina è ben consapevole che iI mancato riconoscimento provocherebbe non solo un’inaccettabile discriminazione ma soprattutto una lesione dei diritti sanciti dalla Costituzione, che dispone all’articolo 38, comma 3 che “gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione”, all’art 2 che esprime principi generalissimi e all’art 3 in relazione alla pari dignità sociale. Già dal 1987, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 215 ha posto l’obbligo di rendere concretamente fruibile il diritto all’istruzione per il disabile.
«La dirigente scolastica mi è sempre stata vicina. Devo riconoscere – specifica mamma Romina – che la scuola si è resa disponibile, anche l’insegnante di sostegno dicendo ‘’mandatela ci pensiamo noi’’. No, non siamo d’accordo. Io insegno nella scuola, ci lavoro, so come funziona. Secondo me per i disabili la prima cosa da garantire è la sicurezza con figure idonee e qualificate. Questa è la mia lotta personale e se non viene garantita continuerò a non mandarla a scuola nei giorni scoperti. Anche se mi dispiace tanto che possano essere vanificati tutti gli sforzi ad ora messi in campo da tutti per garantire alla bambina un percorso mirato di inserimento».
I genitori di Roberta hanno inviato una lettera il 17 settembre alle alte istituzioni (presidente della Repubblica, presidente del Consiglio, ministro della Pubblica Istruzione, presidente della Regione Lazio, Ufficio della pubblica istruzione della Regione Lazio e infine al Sindaco e ai Servizi sociali di Cerveteri) per chiedere aiuto e non essere lasciati soli in una circostanza che li vede coinvolti al di là delle loro forze e delle umane possibilità.
Si legge testualmente: «Ci siamo messi all’opera per capire quali sono le responsabilità in questa amara decisione, poiché non crediamo e non accettiamo come motivazione la mancanza di fondi nel 2017. La nostra unica preoccupazione nelle ore in cui nostra figlia disabile è a scuola è: Chi le cambierà il pannolone? Chi la imboccherà per la merenda? Chi la prenderà dal passeggino posturale? Sono una docente curricolare di scuola primaria, che ogni giorno affronta l’integrazione della disabilità in classe e per questo mi chiedo: se mia figlia fosse nella mia classe, senza assistente fisica, come dovrei fare per poterla cambiare o imboccarla? Dovrei lasciare soli gli altri alunni con i rischi che ne deriverebbero? Certo che no, allora l’unica soluzione è non badare a lei!». Da qui la decisione di entrambi i genitori di mandarla a scuola esclusivamente nei giorni in cui è garantita l’assistenza fisica. Questa è la protesta fin’ora silenziosa che portano avanti.

(seapress)

Redazione
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