venerdì, Aprile 19, 2024

Luci e ombre sui buoni pasto

Ora che un decreto ha ampliato in maniera esponenziale il numero di esercizi in cui si possono spendere i buoni pasto c’è da aspettarsi un boom dell’uso dei tagliandi che sostituiscono i servizi di mensa delle aziende e che di fatto li rendono validi al pari delle banconote in luoghi – come mercatini rionali e agriturismo – dove prima non erano utilizzabili. Ma essere accettabili non significa essere i benvenuti. Nella realtà, come scrive il Corriere, Il principale ostacolo a questo processo di liberalizzazione è dal lato dell’offerta. Perché chi deve accettare i buoni mensa — esentasse, se cartacei fino al limite di 5,29 euro, se elettronici fino a 7 euro — deve fornire un servizio, un prodotto, un pasto anticipandone i costi e aspettando un rimborso da parte delle società emettitrici (le più importanti sono Edenred, Sodexo e Qui Group) che può variare a seconda delle loro politiche commerciali e della loro velocità nel disbrigo delle pratiche amministrative.

Ma a incentivarne l’utilizzo (e quindi ad accettarli) è un’altra novità introdotta dal decreto e illustrata dal Sole 24 Ore: oltre che essere erogati per scelta del datore di lavoro, possono essere collegati ai premi di produttività. In sostanza vengono inclusi nel paniere di beni e servizi tra i quali il dipendente può scegliere in occasione del raggiungimento di determinati risultati aziendali. Dal baretto sotto l’ufficio al mercato rionale, quindi, il buono pasto cambia radicalmente e si moltiplicano i luoghi in cui si potrà spendere. Secondo la nuova direttiva, i buoni pasto non sono più appannaggio esclusivo dei dipendenti full-time. D’ora in poi i ticket potranno essere erogati anche a dipendenti part-time anche se lavorano in fasce orarie che non comprendono un pasto e a collaboratori esterni delle aziende.

"Il decreto è un passo avanti verso la regolarizzazione e la trasparenza del settore", dice a Repubblica Mariacristina Bertolini, direttrice generale della Day, parte della multinazionale Up, che in Italia mette i ticket in tasca a mezzo milione di utilizzatori e fattura mezzo miliardo di euro. "Il cumulo va incontro alle esigenze dei cittadini, che con un valore medio di 5 euro o meno dei buoni passo evidentemente non riescono a mangiare! E’ vero che il decreto riguarda alcune consuetudini di fatto, ma le precisa e regolamenta. E’ scritto in ottica propositiva". I ticket potranno essere accettati, sia in forma cartacea che elettronica, da supermercati, agriturismi, ittiturismi e spacci aziendali, e potranno essere spesi anche al di fuori dei giorni lavorativi. Potranno essere inoltre usati per “la vendita al dettaglio e la vendita per il consumo sul posto dei prodotti provenienti dai propri fondi effettuata dagli imprenditori agricoli”. I buoni pasto dovranno essere usati per tutto il loro valore facciale. Come spiega La Stampa, il valore medio di un ticket in Italia è di 4 euro, dunque al supermercato darebbero la possibilità di fare una spesa di 32 euro. L’Italia è il Paese europeo in cui il valore medio dei ticket è più basso, contro i 9 euro di Spagna e Francia e i 6-9 della Germania. Rimane il divieto di cedere i propri buoni pasto a terzi. Il ticket rimarrà un mezzo di pagamento che non si può regalare o vendere, anche se sono numerose le testimonianze di chi li dà a parenti e amici, in un contesto di debole efficacia dei controlli.

Redazione
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