venerdì, Marzo 29, 2024

Ilva: trattative congelate

Trattativa Ilva al capolinea. Dopo 8 mesi di un confronto dal percorso accidentato che aveva dribblato un’indagine dell’Antitrust europeo e una sentenza Tar per la sospensione del dpcm ambientale al momento neutralizzata, il negoziato tra sindacati e Arcelor Mittal si arena definitivamente oggi sull’ultima mediazione tentata dal governo per cercare di sbloccare la cessione e convincere Fim Fiom Uilm Ugl e Usb a chiudere la partita. La proposta del ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda girata oggi nel corso di incontro convocato un pò a sorpresa al Mise, infatti, è stata di fatto respinta dai sindacati che hanno chiesto di emendare il testo ma senza successo. Un no unitario anche se con sfumature fortemente differenti che hanno finito per convincere il ministro a interrompere le trattative anche alla luce delle accuse, c’è chi ha parlato di un vero e proprio scontro, di una parte del sindacato circa la legittimità dello stesso Calenda a trattare. "Non ci sono le condizioni per proseguire", è stata la considerazione finale del ministro che comunque, assicurano dal Mise, "non ha mai abbandonato il tavolo". Il ’cerino’ dunque ora passa al prossimo esecutivo.
"I sindacati hanno deciso di non aderire alle linee guida dell’accordo proposto ma il Governo ritiene di aver messo in campo ogni possibile azione e strumento per salvaguardare l’occupazione, gli investimenti ambientali e produttivi anche attraverso un enorme ammontare di risorse pubbliche", rivendica appena terminato l’incontro il ministro Calenda che risponde anche alla Fiom che aveva definito "irricevibile" la proposta e tra quelli che avevano messo in dubbio la legittimità del governo dimissionario. "Liberi di non firmare e di sostenere che non sono più legittimato. Ma non di dire cose non vere.
Non solo neanche un licenziato ma garanzia posto di lavoro a tempo indeterminato per tutti i lavoratori dell’Ilva", spiega ancora su twitter. La proposta avanzata al tavolo infatti prevedeva l’assunzione a tempo indeterminato di circa 10mila lavoratori nella nuova Ilva di Mittal; il trasferimento con assunzione stabile di circa 1.500 lavoratori in una newco creata da Ilva e Invitalia, la Società per Taranto; ed una soluzione occupazionale a fine piano, dunque al 2023, anche per i restanti 2300 lavoratori che avrebbero finito per restare nella vecchia Ilva in capo all’amministrazione straordinaria. Per questi infatti, si legge nelle linee guida della proposta, ci sarebbe stata "la garanzia di continuità occupazionale a tempo indeterminato".
In pratica se fossero accertati, 12 mesi prima del termine temporale previsto per la realizzazione del piano ambientale e industriale, casi di lavoratori senza prospettiva occupazionale stabile, sarebbe previsto un intervento di Invitalia, in via prioritaria, attraverso la società per Taranto e quella per Cornigliano o di Am Investco, supportata dal Mise, per assicurare loro una occupazione stabile. Un’opzione questa che avrebbe avuto comunque in dote 200 milioni di euro per mettere mano ad esodi volontari incentivati fino a 100mila euro e ammortizzatori sociali assicurati per 5 anni. Ma per Fim Fiom e Uilm le garanzie per la riassunzione di tutti e 14mila i lavoratori ex Ilva non erano così nette.
“Un negoziato durato otto mesi e che purtroppo è ormai alla vigilia anche di un cambio di governo non si può concludere con un sì o con un no per altro su un testo che non abbiamo condiviso e che se accolto avrebbe condizionato la trattativa”, ha commentato il leader Uilm, Rocco Palombella che non ha condiviso il testo "perché ha riproposto un po’ tutte le tematiche che ci hanno diviso da Mittal in questi mesi ed in modo particolare per quel che riguarda gli esuberi che vengono confermati a 4.000". No dunque ad “un prendere o lasciare” dice ancora.
E no anche dalla Fim di Marco Bentivogli.
"C’erano troppe cose da modificare. I numeri non andavano bene e abbiamo riscontrato una certa rigidità del governo a modificare la proposta”, spiegava al termine dell’incontro confermando comunque la disponibilità del sindacato a proseguire la trattativa perchè, ha detto, ora "Mittal ha totalmente le mani libere e questo non mi sembra un grande risultato", prosegue puntando il dito contro quei sindacati che hanno invece cercato lo scontro delegittimando il governo. Una "trappola", questa, per Calenda che ha così deciso che non c’erano le condizioni per andare avanti e chiuso la trattativa, spiega ancora. "Ora qualcuno spera di avere più risultati con il nuovo governo ma volersi scegliere il governo per fare un accordo migliore è un atteggiamento partigiano di una parte del sindacato che non sa fare solo il sindacato”, accusa.
Critica la Fiom che chiarisce come però sia "pronta a riprendere la trattativa". "La posizione di Mittal non è cambiata di una virgola mentre la proposta del governo non da nessuna garanzia nemmeno quella di una assunzione a tempo indeterminato e si basa su un contratto di affitto stipulato tra esecutivo e Mittal che non è mai stato sul tavolo di trattativa", dice il leader Fiom Francesca Re David. “Anche la newco con Invitalia avrebbe significato soltanto dare per scontato una esternalizzazione su cui non abbiamo mai dato l’ok", prosegue ricordando come "il nodo su cui si è arenata la trattativa sia sindacale non politico". E a chi gli chiedeva se fosse più ottimista con un nuovo governo risponde: "l’idea che siamo al servizio di qualcuno è una delle cose che ha inquinato questa trattativa. Invece resta il fatto che questo accordo sarebbe stato bocciato dai lavoratori", conclude.

Redazione
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