giovedì, Aprile 18, 2024

Maduro al comando di un Paese in miseria

La contestata vittoria di Nicolas Maduro alle presidenziali in Venezuela è stata celebrata come un trionfo dal partito di governo, di cui il presidente appena riconfermato è leader dai tempi della morte di Hugo Chavez, ma le debolezze del regime che regge da molti anni il Paese sudamericano si fanno sempre più evidenti di giorno in giorno. La marcatissima astensione che ha caratterizzato la tornata elettorale trova la sua spiegazione nella disaffezione per un regime che negli anni ha creato, tra l’altro, una situazione di povertà endemica che una volta sarebbe stata inimmaginabile. Anche perché il Venezuela è, potenzialmente, uno dei paesi più ricchi del continente sudamericano. È almeno dal 2014 che il Venezuela attraversa una crisi economica senza precedenti nella sua storia. L’inflazione oscilla tra il 700 e il 1.100% annuo . L’iperinflazione è solo il più vistoso di una serie di indicatori economici in stato comatoso. Calo di 8-10 punti del prodotto interno lordo, disavanzo fiscale pari al 17 per cento del Pil, debito estero di 130 miliardi di dollari, disoccupazione galoppante, tasso di corruzione e di criminalità tra i più elevati al mondo.
Alla base di questa crisi è stata la caduta del prezzo del petrolio, risorsa su cui il Venezuela basa il 95% dell’economia nazionale. Nel 2017 la produzione è diminuita del 28% e la quota venezuelana della produzione totale OPEC è scesa al 6%, rispetto a una media del 10% tra il 1980 e il 2014. A febbraio il Venezuela ha ufficialmente emesso la sua criptovaluta nazionale: il petro. L’idea è nata per aggirare le dure sanzioni finanziarie imposte dalla comunità internazionale per spingere le autorità nazionali a reintrodurre alcune garanzie politiche e democratiche. Il piano prevede il conio di 100 milioni di petro, per un valore complessivo corrispondente di circa 6 miliardi di dollari. Ad ogni petro poi dovrebbe corrispondere un barile di petrolio, come garanza negli scambi internazionali. Scambi in criptovalute, naturalmente.
Secondo le stime della Caritas, nel paese ci sono circa 280.000 bambini denutriti e un bambino su tre presenta danni fisici e mentali irreversibili. Nelle farmacie è disponibile solo il 38% delle medicine di base. La malnutrizione sta portando il Venezuela è ai vertici mondiali per la mortalità infantile, superando la stessa Siria. Con 120 omicidi ogni centomila abitanti Caracas condivide con la messicana Acapulco e San Pedro Sula in Honduras il primato di città più violenta del pianeta. L’impatto sulla popolazione è devastante: razionamento alimentare, assalti e file interminabili ai negozi, blackout elettrici, ospedali al collasso. In tutto e per tutto erede di Chavez, Maduro scarica all’esterno le responsabilità del fallimento politico ed economico. Gli Stati Uniti, che almeno a partire da un certo punto hanno smesso di vedere con favore quel garbuglio di terzomondismo, socialismo fin troppo sbandierato e capitalismo di stato e di rapina che è stato il chavismo, sono divenuti facilmente il bersaglio della propaganda interna di Maduro. Ma anche gli altri paesi sudamericani, quando si sono opposti in gruppo alle riforme liberticide con cui il regime ha imposto il cambiamento della Costituzione, sono stati messi rapidamente nella lista degli obiettivi contro cui indirizzare gli odi endemici in una società stremata come quella venezuelana. L’altissima astensione registrata ieri lascia pensare che quella del regime sia una propaganda a cui si crede sempre meno.

Redazione
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