sabato, Aprile 20, 2024

Casale Cedrati, Coopculture: costretti a rescindere, dal Comune sono inerzia

“E’ una sconfitta per la città, per tutti quei romani che avevano visto la loro Villa Pamphili finalmente più viva e curata, con iniziative culturali e servizi efficienti. Ma la vicenda del Casale dei Cedrati dopo mesi di attesa vana e l’assoluta mancanza di risposte da parte del Comune e dei suoi uffici si chiude qui, siamo stati costretti a rescindere il contratto per tutelarci”. Così in una nota Giovanna Barni, presidente di CoopCulture che insieme ad associazioni e coop di cittadini aveva partecipato, vincendolo, al bando capitolino per il recupero e la riapertura all’insegna della cultura di questo bellissimo casale seicentesco situato nel parco, spiega che "dopo un sequestro durato due anni e lunghi mesi di attesa aspettando invano (dopo mille solleciti) che dal Campidoglio e dal Municipio XII arrivassero segnali di vita ora non c’è più tempo".
“La sentenza del Tar che ci dava ragione e bocciava i provvedimenti del Comune e la riconsegna del Casale da parte dell’autorità giudiziaria – continua Giovanna Barni – doveva essere seguita da un tavolo istituzionale che ci permettesse di riaprire come è nostro diritto, dopo aver eseguito alcuni piccoli lavori di ripristino che noi eravamo prontissimi a fare ma che andavano concordati. E invece nulla neppure una risposta neanche un rifiuto esplicito, solo silenzio di fronte alle nostre numerose istanze. Così non possiamo più andare avanti”.
"La storia del Casale dei Cedrati – spiega la nota – è quasi paradigmatica: il Casale era stato ristrutturato nel 2000 con i fondi del Giubileo, ma il Comune non aveva le risorse per tenerlo aperto. Così nel tempo le diverse amministrazioni comunali avevamo progettato di affidarlo, attraverso un bando pubblico, a organizzazioni esterne senza scopo di lucro con la finalità di farne un centro di produzione culturale. Il progetto prevedeva ampi spazi per attività culturali insieme a un punto di ristoro e un bookshop. Inaugurato nel dicembre del 2015 dopo lavori di risistemazione necessari per il lungo abbandono e costati 300.000 euro, concordati con la soprintendenza capitolina e con quelle statali, era rimasto aperto appena un paio di mesi in cui c’erano stati mostre (con numerosi giovani artisti che avevano lavorato in quegli spazi e nel parco), corsi di studio, lezioni di yoga, convegni e in cui era diventato un punto di riferimento per i tanti cittadini che amano Villa Pamphili e la frequentano. Poi il sopralluogo dei vigili e il sequestro con l’ipotesi di abusi edilizi. Dopo un lungo iter il Tar ha stabilito l’illegittimità del comportamento delle amministrazioni capitoline e che nessun abuso è stato commesso. Se qualche difformità rispetto ai progetti iniziali ci fosse pur stata questa non poteva giustificare il sequestro e neppure la decisione del Campidoglio di revocare il contratto. A quello della giustizia amministrativa era seguita poi la decisione della magistratura penale che aveva restituito il Casale ai suoi legittimi concessionari, chiedendo loro di eseguire i lavori di ripristino concordemente con la Sovrintendenza. Scatta qui, negli ultimi mesi, il capitolo finale della vicenda con il costante e silenzioso rifiuto degli uffici capitolini di fissare quegli incontri necessari a permettere la riapertura".
> “Abbiamo atteso tutto questo tempo – commenta Silvia Nono, tra gli animatori del consorzio Casale dei Cedrati – perché abbiamo sempre creduto in questo progetto. Centinaia di cittadini solo un mese fa hanno manifestato nel parco per chiedere la riapertura, in duemila hanno sottoscritto un appello ma non è successo nulla. La decisione di rescindere il contratto è dolorosa ma inevitabile, serve a tutelarci. Abbiamo subito pesanti danni economici e di immagine, ma il punto più dolente è stato il danno inferto alla città”.
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Redazione
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