mercoledì, Aprile 24, 2024

Sentenza della Cassazione: Nessuna aggravante allo strupratore se la vittima era ubriaca

Nessuna aggravante allo stupratore se la sua vittima era già ubriaca al momento della violenza. Questa l’ultima sentenza della terza sezione penale della Cassazione, che con sentenza n°32462 ha rinviato a nuovo processo un caso di violenza sessuale di gruppo commesso da due uomini di 50 anni ai danni di una ragazza. Il fatto risale a qualche anno fa, la ragazza prima di essere stuprata si era ubriacata e, secondo i Supremi giudici, pur confermando lo stupro di gruppo, l’aggravante per uso di sostanze alcoliche o stupefacenti non può essere aggiunto, in quanto la vittima ha assunto l’alcol volontariamente. Sentenza destinata a far discutere, ultima di una lunga serie di decisioni controverse di Cassazione e Tribunali in tema di violenza sessuale.
Correva l’anno 1999 e la Cassazione finiva nella bufera con la sentenza n°1636, la famigerata ’sentenza dei jeans’. Ribaltando la sentenza d’Appello che lo aveva condannato a due anni e mezzo di carcere, i giudici assolvevano un 40enne istruttore di guida dall’accusa di stupro ai danni di un’allieva 18enne. La ragazza indossava infatti un paio di jeans, indumento che per la Suprema Corte risulta – per "dato di comune esperienza" – "quasi impossibile sfilare anche in parte" dalle gambe di una persona "senza la sua fattiva collaborazione, poiché trattasi di una operazione che è già assai difficoltosa per chi li indossa". Ma non è tutto. Non essendo inoltre stati riscontrati sulla presunta vittima e sul presunto stupratore "segni di una colluttazione tra i due o comunque di una vigorosa resistenza della ragazza al suo aggressore", se ne deduce che la ragazza non si sia opposta alla violenza. "Ma al riguardo – spiegava la sentenza nelle sue motivazioni – è da osservare che è istintivo, soprattutto per una giovane, opporsi con tutte le sue forze a chi vuole violentarla e che è illogico affermare che una ragazza possa subire supinamente uno stupro, che è una grave violenza alla persona, nel timore di patire altre ipotetiche e non certo più gravi offese alla propria incolumità fisica".
"Minore gravità del fatto" perché la giovane 14enne stuprata dal patrigno 40enne tossicodipendente non era già più vergine al momento dell’aggressione. Queste le attenuanti riconosciute allo stupratore dalla sentenza n°6329/2006 della Cassazione. Per la Terza Sezione Penale, la ragazzina – cresciuta in un contesto di degrado – sarebbe quindi effettivamente stata stuprata dal patrigno, ma senza aggravanti poiché "aveva avuto numerosi rapporti sessuali con uomini di ogni età" ed è quindi "lecito ritenere che già al momento dell’incontro con l’imputato la sua personalità, dal punto di vista sessuale, fosse molto più sviluppata di quella di una ragazza della sua età".
Se in uno stupro di gruppo uno dei violentatori non ha partecipato attivamente anche alla ’preparazione’ della violenza sessuale, facendo ubriacare di proposito la vittima, ma si è limitato a stuprare, ottiene uno sconto di pena per minore responsabilità. Questo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nel 2013 con la sentenza n°40565, che nelle motivazioni riporta la distinzione delle "due diverse fasi della violenza di gruppo come ricostruite all’esito del processo" a carico di tre ragazzi, autori di un brutale stupro ai danni di una giovane disabile intenzionalmente fatta ubriacare a bordo di uno yacht sull’isola di Panarea durante una festa. Per gli ’ermellini’, il terzo stupratore si sarebbe quindi ’limitato’ a stuprare la giovane solo dopo gli altri due imputati, ma "nessuna parte ebbe nella fase, di consistente durata temporale, della preparazione del reato (ossia all’induzione e costrizione all’assunzione di bevande alcooliche della P., posta in essere durante la festa), mentre partecipò attivamente (ma dopo le violenze sessuali poste in essere da Fo. e dal cugino) alla sola seconda parte della fase esecutiva dello stupro".
Nel 2013 la Corte di Cassazione, fornendo un’interpretazione estensiva di una sentenza emessa dalla Corte Costituzionale nel 2010, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 275 comma 3 terzo periodo del Codice di procedura penale, stabilendo come – nei procedimenti per stupro di gruppo – il giudice non sarà più obbligato a disporre la custodia in carcere degli indagati, ma potrà applicare anche misure cautelari alternative qualora il caso specifico lo consenta. I "gravi indizi di colpevolezza" non saranno più quindi motivazione automatica per la custodia in carcere.
Assolto dal Tribunale di Torino perché la presunta vittima non si sarebbe opposta abbastanza allo stupro. Questo quanto stabilito nel 2017 dai giudici torinesi, che hanno assolto "perché il fatto non sussiste" un dipendente della Croce Rossa accusato di stupro nel 2011 da una giovane collega precaria poiché la donna – riporta il Corriere della Sera, che ha pubblicato stralci della sentenza e del dibattimento – non ha gridato, non ha chiesto aiuto e non ha "tradito quella emotività che pur doveva suscitare in lei la violazione della sua persona". L’infermiera, in sostanza, si sarebbe ’limitata’ a dire più volte "no, basta", ma non lo avrebbe gridato né avrebbe reagito con violenza alla presunta aggressione. La donna, si legge nello stralcio della sentenza pubblicato dal Corsera, "non riferisce di sensazioni o condotte molto spesso riscontrabili in racconti di abuso sessuale, sensazioni di sporco, test di gravidanza, dolori in qualche parte del corpo", avrebbe ’solo’ riferito del "disgusto" provato "ma – scrive la presidente di sezione – non sa spiegare in cosa consisteva questo malessere". "Non grida, non urla, non piange – rimarca la corte nella sentenza – pare abbia continuato il turno dopo gli abusi", nota. Assolto il presunto stupratore, la donna deve rispondere di calunnia.

Redazione
Redazione
La nostra linea editoriale è fatta di format innovativi con contenuti che spaziano dalla politica allo sport, dalla medicina allo spettacolo.

Articoli correlati

Ultimi articoli