venerdì, Aprile 19, 2024

Tre anni fa la tragica morte di Giulio Regeni: dall’Egitto solo menzogne e silenzi

“25 gennaio 2019…oggi e sempre, il giallo! Non molliamo, caro Giulio. Truth for Giulio Regeni”, scrive sul suo profilo Facebook la mamma di Giulio Regeni, Paola Deffendi, nel terzo anniversario dalla sparizione del ricercatore di Fiumicello al Cairo.  In una foto, allegata al post, l’immagine di alcuni fiori gialli in un giardino imbiancato dalla neve. Al centro un cartello dello stesso colore con la scritta “Verità per Giulio”. “Sono passati tre anni. E noi non dobbiamo smettere di chiedere con forza ogni giorno #veritàperGiulioRegeni. Ed è per questo che sarò nel pomeriggio alla fiaccolata di fiumicello”. Lo scrive su twitter il presidente della Camera Roberto Fico. La magistratura italiana ha tentato finora di fare luce su questo omicidio anche giocando la carta del dialogo e della collaborazione con gli omologhi egiziani ma dopo oltre dieci incontri dal Cairo sono arrivate solo parole formali e di cortesia. Nel frattempo però gli inquirenti italiani sono andati avanti e nel registro degli indagati sono finiti alti ufficiali dei servizi segreti civili e della polizia investigativa d’Egitto, accusati dal Procuratore capo Giuseppe Pignatone e dal sostituto Sergio Colaiocco di sequestro di persona. Si tratta del generale Sabir Tareq, dei colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal, del maggiore Magdi Sharif e dell’agente Mhamoud Najem. Per la Procura, sicuramente, hanno operato per mettere sotto controllo Giulio.  Dal Cairo però non sembra arrivare collaborazione, anzi. Proprio nei giorni scorsi la Procura di Roma ha aperto un altro fascicolo, contro ignoti, sulle pressioni ricevute al Cairo dal consulente egiziano della famiglia Regeni, il quale è stato convocato da appartenenti alla National Security per avere informazioni sul lavoro svolto dai legali italiani. Nonostante le difficoltà investigative e i depistaggi, la magistratura capitolina e gli investigatori stanno riuscendo a penetrare la cortina di silenzio, ora però sarebbe il caso che anche dal mondo della politica ci si batta per chiedere e pretendere la verità su un giovane italiano  sequestrato e barbaramente ucciso in un Paese ‘amico’.
Redazione
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