venerdì, Marzo 29, 2024

Usa, scandalo Wikileaks: torna in carcere Chelsea Manning

Chelsea Manning torna in carcere fino a quando non accetterà di testimoniare di fronte al grand jury che sta indagando su Wikileaks, il sito al quale nel 2010 l’ex analista dell’intelligence militare consegnò centinaia di migliaia di file del Pentagono e del dipartimento di Stato sulle guerre in Iraq e Afghanistan. E’ quanto ha deciso il giudice federale Claude Hilton che ha accusato Manning di “oltraggio alla corte” ordinando l’immediata detenzione “fino a quando non accetterà di rispondere o fino alla fine dell’inchiesta del grand jury”. Ieri la stessa Manning aveva reso noto che rischiava l’arresto per non aver risposto alle domande del grand jury che sta conducendo l’inchiesta, coperta dal massimo segreto, a carico di Assange, da sette anni rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per evitare la possibile estradizione negli Stati Uniti. “Tutte le domande si riferivano alla mia diffusione di informazioni al pubblico del 2010, domande a cui io ho risposto durante il mio processo”, ha dichiarato Manning spiegando di essersi appellata ai suoi diritti costituzionali per non rispondere. Nel 2013 un tribunale militare condannò a 35 anni Bradley Manning, che subito dopo la condanna annunciò la sua volontà di intraprendere il percorso di transizione per cambiare sesso, adottando il nome di Chelsea. Nel gennaio del 2017, pochi giorni prima di lasciare la Casa Bianca, Barack Obama ridusse la pena di Chelsea Manning ai sette anni già scontati, permettendo la sua scarcerazione nel maggio di quell’anno. Lo scorso anno si è anche presentata al Senato in Maryland. “Sono pronta a fronteggiare le conseguenze del mio rifiuto”, ha detto ancora Manning riferendosi al possibile arresto. “Queste udienze segrete tendono ad essere in favore dei governi, io sempre tenderò a spiegare le cose pubblicamente”, ha affermato prima dell’udienza in cui è stata arrestata. Un arresto che è stato definito “un atto di tremenda crudeltà” dall’avvocato di Manning, Moira Meltzer-Cohen, ricordando le sofferenze fisiche e psicologiche che l’ex militare transgender ha dovuto affrontare durante gli anni di carcere. Sofferenze che erano state anche all’origine della decisione di Obama di ridurre la condanna considerata eccessiva che le era stata inflitta.
Redazione
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