martedì, Aprile 23, 2024

Si è concluso all’Alberghiero il corso di Finger Food tenuto dal professor Bruno Mazzeo e dal prof. Fulvio Papagallo

Si è concluso il 13 marzo, all’ Alberghiero di Ladispoli, il corso dedicato al ‘Finger food’, curato dal Prof. Bruno Mazzeo, Docente di Sala, e dal Prof. Fulvio Papagallo, Docente di Enogastronomia dell’Istituto Professionale di via Federici. “Il motivo del successo di questa tendenza presso i consumatori contemporanei – ha spiegato il Prof. Mazzeo – è nell’importanza del senso del tatto per la percezione del gusto. Non bisogna dimenticare che la maggior parte del genere umano mangia con le mani. Toccare gli alimenti ci consente di cogliere l’anima del cibo. Per millenni l’uomo ha preferito il contatto diretto con gli alimenti. Basti pensare ai famosissimi banchetti e convivi dell’Impero romano. Ma naturalmente esistono delle regole per preparare un finger food e sono quelle che ci siamo proposti di insegnare ai nostri studenti. Potremmo riassumerle in tre principi fondamentali: – ha aggiunto il Prof. Mazzeo – bellezza, bontà e salubrità. E’ necessario dedicare la massima attenzione all’eccellenza e alla qualità delle materie prime, senza dimenticare lo spazio da dedicare alla creatività e all’armonia delle forme”. Nelle corti europee – è stato ricordato durante le lezioni del corso – si è mangiato con le mani fino alla fine del 1600. Nell’età antica, la posizione in cui i Romani, distesi sul triclinium, erano soliti consumare i pasti rendeva praticamente impossibile l’utilizzo di posate (sebbene fossero conosciuti mestoli – trulla – e cucchiai – ligula – di vario genere). Sostanzialmente, dunque – ha sottolineato il Prof. Mazzeo –  sono stati proprio i Romani ad inventare il finger food di tendenza: gli “scissores”, schiavi addetti al taglio delle pietanze, preparavano il cibo e i patrizi lo mangiavano con le mani, o al massimo servendosi di ditali d’argento, che permettevano loro di non sporcarsi o scottarsi. Numerosi i trattati medievali e rinascimentali dedicati ai tagli: basti pensare a “Il Trinciante” di Vincenzo Cervio, opera del 1581 che descrive la corretta maniera di tagliare un’infinità di pietanze, dal fagiano ad un semplice uovo. Ma il finger food moderno è sicuramente anche debitore della tradizione culinaria giapponese. Senza dimenticare i legami con l’America degli anni Venti e del proibizionismo. Negli speakeasy clandestini, infatti, – ha aggiunto il Prof. Mazzeo – gli avventori erano soliti accompagnare il proibitissimo alcol con bocconcini e appetizers, da consumare in piedi e rapidamente. Almeno triplo il vantaggio per i proprietari: facilitare il lavoro dei camerieri, invogliare la clientela a bere, evitare l’euforia eccessiva e rumorosa causata da una rapida ubriacatura. Dagli speakeasy statunitensi il finger food si sarebbe presto trasferito in Inghilterra, nei locali per aperitivo e, di lì, nel resto del mondo.

Redazione
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