venerdì, Aprile 26, 2024

Omicidio Vannini, l’avv. Gnazi: “I giudici perdano un po’ di tempo a leggere tutte le carte processuali”

Il legale della famiglia Vannini, punta i riflettori sulla ricostruzione       del fatto

 

“Pretendo che i giudici perdano un pochino più di tempo a leggere tutte le carte processuali e tutti i punti che siano riportati nelle sentenze”. A dirlo ieri intervenendo a Quarto Grado, in collegamento dalla casa della famiglia Vannini a Cerveteri, è stato il legale della famiglia del giovane Marco: l’avvocato Celestino Gnazi. Il legale ha commentato la conferenza stampa degli avvocati della famiglia Ciontoli. “Mi ha sorpreso – ha detto – aver insistito su alcuni punti irrilevanti”. Di “cattivo gusto” poi per il legale della famiglia Vannini, il paragone fatto da uno dei due legali della famiglia Ciontoli. L’avvocato Miroli, durante la conferenza ha mostrato delle immagini della ferita di Marco e delle tracce di sangue. “Uno dei due colleghi ha detto che Marco ha perso tanto sangue quanto quello di un taglio da barba. A parte il cattivo gusto – ha detto l’avvocato Gnazi – si tratta di un falso processuale”. “Tutte e due le sentenze – ha sottolineato Gnazi – hanno detto che c’è una ferita sanguinante da arma da fuoco e tutti erano in grado di accorgersene”. “Non discuto i punti di diritto”. L’avvocato punta i riflettori sulla ricostruzione dei fatti. “Quando un fatto viene ricostruito in modo ridicolo allora non ci sto”. “Non mi interessa come si comportano le parti. Io pretendo che i giudici perdano un pochino più di tempo a leggere tutte le carte processuali e tutti i punti che siano riportati nelle sentenze, non alcuni semplicemente omessi”. “Perché ad esempio – ha incalzato ancora l’avvocato Gnazi – nel momento in cui non si nomina nemmeno il maresciallo Izzo che smentisce nettamente Martina, questo è intollerabile”.

La telefonata di Maria Pezzillo al 118

Dov’era Antonio Ciontoli quando Marco è stato colpito da un proiettile della beretta presenta in casa? E’ questa la domanda che ieri sera i giornalisti di Quarto Grado si sono posti risentendo la testimonianza della vicina di casa della famiglia Ciontoli e riascoltando la chiamata del 118. La vicina di casa già alle Iene aveva raccontato di non aver visto parcheggiata davanti casa l’auto di Antonio Ciontoli. “Per 20 anni l’ha parcheggiata lì”, aveva detto. Ma quella sera, la sua auto, quella di Antonio, non sembrerebbe essere presente davanti casa. E poi c’è quel particolare nella prima chiamata al 118. La telefonata effettuata da Federico Ciontoli. Il ragazzo, per convincere l’operatrice della necessità di un’ambulanza in via Alcide de Gasperi passa il telefono alla madre. E proprio durante la chiamata, proprio prima di riattaccare, Maria Pezzillo, la moglie di Antonio Ciontoli, come se stesse chiedendo conferma a qualcuno presente in casa, chiede “E’ entrato? In caso richiamiamo”. Il conduttore di Quarto Grado si chiede se quella domanda “E’ entrato?” fosse rivolta a qualcuno fino a quel momento assente in casa. Forse ad Antonio Ciontoli? Dubbio che ora sorge anche a mamma Marina, ieri in collegamento dalla sua casa a Cerveteri con lo studio di Quarto Grado. “Ciontoli non c’era veramente in casa o è andato a buttare la maglietta blu di Marco che non c’è?”. Dubbioso anche Picozzi. “Rivolgendosi a qualcuno che arriva magari avrebbe detto “è arrivato”, però unendo la telefonata alla testimonianza sentita prima ….” Un particolare quello della chiamata emerso durante la trasmissione dove i giornalisti e gli opinionisti hanno commentato la conferenza stampa di qualche giorno fa tenuta proprio dai legali dei Ciontoli. Durante la conferenza l’avvocato Pietro Messina ha tenuto a sottolineare come la colpa di Antonio Ciontoli “è certamente grave ma non possiamo crocifiggere una persona per un errore”. Parole che hanno fatto arrabbiare mamma Marina. “Un errore finito male perché alla fine Marco è morto. Dentro quella casa – ha detto Marina Conte -. c’erano loro e mio figlio e loro non hanno fatto niente per soccorrere Marco”. Rispondendo poi all’avvocato Messina: “Vorrei rispondere all’avvocato quando dice che non possiamo crocifiggere il Ciontoli che chi è stato crocifisso è stato mio figlio”. “Noi siamo nel dolore perenne e poi nessuno vuole crocifiggere il Ciontoli. Noi lo vogliamo solo vedere in galera e pagare per quello che ha fatto”. “Mio figlio è rimasto dentro quella casa per più di un’ora e urlava con urla disumane”.

Redazione
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