martedì, Aprile 23, 2024

La corsa della birra agricola Made in Italy

Consumi– Il boom della produzione ‘doc’ sta rivoluzionando il mercato nazionale

La corsa della birra agricola Made in Italy

Con creatività e innovazione la nuova opportunità di lavoro per giovani. A palazzo Rospigliosi nasce il primo Consorzio del settore

 

di Alberto Sava

Per la prima volta focus sul boom delle birre agricole doc che stanno rivoluzionando l’offerta facendo nascere in Italia opportunità economiche ed occupazionali soprattutto tra i più giovani. Una crescita esplosiva frutto della creatività e dell’innovazione tutta Made in Italy che sarà al centro del primo “Salone della birra agricola” con le novità più curiose e particolari e i sommelier della birra per illustrare le diverse produzioni e svelare le decine di sfumature di gusto, colore e abbinamenti di una delle bevande più antiche e popolari. L’appuntamento è per oggi a Roma a Palazzo Rospigliosi sede della Coldiretti dove saranno presenti giovani agricoltori e birrai provenienti da tutta Italia per la nascita del primo Consorzio della birra artigianale Made in Italy spinto da una sempre maggiore attenzione per l’origine delle materie prime, dal luppolo all’orzo passando per altri ingredienti per rafforzarne l’identità Italiana autentica. All’iniziativa partecipano il presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini, il presidente del Consorzio Teo Musso, il ministro delle politiche agricole, forestali e del turismo Gian Marco Centinaio e il prof. Giorgio Calabrese nutrizionista. Sarà diffuso l’esclusivo report di Coldiretti su “La corsa della birra Made in Italy”. Conosciamo meglio questo prodotto. Con il termine di birra agricola si indica quella bevanda prodotta e imbottigliata dallo stesso soggetto il quale coltiva l’orzo. In pratica tutta la filiera produttiva risulta in mano allo stesso soggetto, che dispone a sua volta di una malteria e delle attrezzature destinate a trasformare il malto nella birra vera e propria destinata al consumo. Nata nelle Marche all’inizio degli anni ’90, come risposta alla necessità di reimpiegare gli agricoltori colpiti dalla contrazione dei prezzi di cereali e altre colture intensive, si è poi affermata anche nel resto del paese.

In cosa differisce dalla birra artigianale?

Molto spesso la birra agricola viene confusa con quella artigianale, ma si tratta in realtà di prodotti ben distinti. Nel caso della birra artigianale, infatti, il coltivatore di orzo cede il suo prodotto ad un altro soggetto che si dedicherà alla trasformazione dello stesso in malto e nella fase successiva in birra da imbottigliare, spezzettando in due parti la filiera. La materia è stata regolata per mezzo di un decreto ministeriale, il numero 212 del 2010, il quale stabilisce che la birra non può più essere semplicemente considerata una bevanda, equiparandola a tutti gli effetti ai prodotti agricoli. Da questo assunto deriva per le aziende agricole che producono birra un vantaggio estremamente concreto, ovvero un regime di tassazione più favorevole nel caso optino per il varo di un birrificio o di una malteria. La tassazione, infatti, verrebbe in questo caso calcolata in base al reddito agrario. Per quanto riguarda l’Iva, va ricordato come essa sia assoggettata al decreto presidenziale 633 del 1972, il quale con l’articolo 34, consente alle aziende agricole di scegliere tra regime normale o speciale. In particolare molti birrifici agricoli optano nella prima fase per il regime normale, in quanto esso consente il recupero dell’Iva, passando in seguito alla tassazione speciale. Nello stesso decreto si stabilisce inoltre che per poter rientrare nelle cosiddette attività connesse, quelle appunto sottoposte a tassazione speciale, i malti destinati alla produzione della birra debbono essere ricavati in prevalenza, ovvero con una percentuale che tocchi almeno il 51%, da orzi direttamente prodotti all’interno dell’azienda.

Un settore in forte espansione

Il settore della birra agricola ha avuto una forte crescita negli ultimi anni, uno dei pochi settori a non aver risentito della crisi. Naturalmente a spingere il fenomeno è stata proprio la tassazione favorevole riservata a chi decide di sfruttare l’orzo derivante dalla rotazione delle colture per produrre birra invece che per fini zootecnici. Ad esso si aggiunge anche la possibilità di accedere a finanziamenti statali in regime de minimis che possono arrivare alla metà dell’investimento, con un tetto di spesa fissato a 200mila euro. Tra gli altri vantaggi che hanno spinto all’apertura di centinaia di birrifici agricoli lungo lo stivale, va ricordato anche il fatto che l’orzo per il malto non richiede l’impiego di fertilizzanti. Un dato di fatto derivante dalla percentuale del 10% che non deve essere superata dal tenore proteico, proprio per non comportare problemi nella fase della produzione del mosto.

Ecco come avviene la produzione della birra agricola

Le agrobirre, sono il risultato di un processo di trasformazione degli zuccheri contenuti nel mosto per mezzo di lieviti caratterizzati da elevato potere fermentativo, in una coltura viva. Alla fermentazione inaugurale in vasca ne segue un’altra in bottiglia, nella quale lo stoccaggio avviene a temperatura controllata. Il tempo necessario al processo in questione dura solitamente tra le undici e le dodici settimane, un termine abbastanza lungo che però consente alla birra agricola di allungare la sua vita senza necessitare di pastorizzazione. Tra le conseguenze più notevoli della rifermentazione, va messo in particolare rilievo un sapore notevolmente più gustoso e particolare rispetto a quello ormai standardizzato esibito solitamente dalle birre industriali.

Redazione
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