venerdì, Marzo 29, 2024

Ecco la nuova Imu con l’accorpamento della Tasi

Al via la nuova Imu con l’accorpamento con la Tasi. L’intervento di unificazione viene confermato anche nell’ultima bozza del disegno di legge di bilancio. Un’operazione dove la ristrutturazione delle aliquote “non determina l’aumento della pressione fiscale”, si legge nella relazione illustrativa. Nel dettaglio, viene previsto che per le cosiddette abitazioni di lusso, classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9 e adibite ad abitazione principale, seppure l’aliquota di base è pari allo 0,5 per cento il comune può aumentarla solo di 0,1 punti percentuali; per cui l’aliquota massima per tali immobili è pari allo 0,6 per cento. La sostanziale innovazione risiede, invece, nella circostanza che i comuni possono annullare completamente, con apposita delibera del consiglio comunale, l’imposizione di tale fattispecie. Per i fabbricati rurali a uso strumentale, l’aliquota di base è pari allo 0,1 per cento e i comuni possono solo ridurla fino all’azzeramento. La disciplina per la quantificazione dl tributo per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, prevede che, fino all’anno 2021, l’aliquota di base è pari allo 0,1 per cento, con facoltà di aumento fino allo 0,25 per cento o di diminuzione fino all’azzeramento da parte degli enti locali. A decorrere dal 1° gennaio 2022, invece, gli stessi fabbricati sono esenti dall’Imu. In definitiva la nuova disciplina recepisce le disposizioni agevolative vigenti per questi immobili in materia di Tasi. Per i terreni agricoli, l’aliquota di base è fissata nella misura dello 0,76 per cento e i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono aumentarla sino allo 1,06 per cento o diminuirla fino all’azzeramento. Anche per gli immobili a uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, l’aliquota di base dello 0,86 per cento non è suscettibile di aumentare la pressione fiscale in quanto, nel precisare che la quota pari allo 0,76 per cento è comunque riservata allo Stato, stabilisce che i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono manovrare detta aliquota aumentandola fino allo 1,06 per cento o diminuendola fino al limite dello 0,76 per cento. Per gli immobili diversi dall’abitazione principale l’aliquota di base è pari allo 0,86 per cento. Anche in questo caso gli enti impositori possono aumentarla sino allo 1,06 per cento e quindi mantenendo, come sempre, invariata la pressione fiscale o diminuirla fino all’azzeramento.
Redazione
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