venerdì, Aprile 19, 2024

Palermo, smantellato un vasto giro di droga diretto dal super latitante Matteo Messina Denaro

I Carabinieri del Ris e del Comando Provinciale di Trapani e Militari del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo, dalle prime ore dell’alba hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dall’Ufficio Gip del Tribunale di Palermo su richiesta della Dda di Palermo nei confronti di 3 persone “facenti parte di una più ampia associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti che ha operato sotto l’egida di cosa nostra siciliana e all’ombra del latitante Matteo Messina Denaro”. Sono in corso in tutto il territorio nazionale decine di perquisizioni, che vedono impiegati oltre 100 Carabinieri e Finanzieri, supportati da unità cinofile, e riguardano abitazioni e luoghi nella disponibilità degli indagati. In manette sono finiti l’avvocato Antonio Messina di 73 anni, finito ai domiciliari, Giacomo Tamburello, di 59 anni, e Nicolò Mistretta, di 64. Questi ultimi due sono andati in carcere. Secondo l’accusa i tre avrebbero importato grosse quantità di droga tra il Marocco, la Spagna e l’Italia. L’avvocato Messina secondo gli inquirenti “ha assunto particolare rilievo” perché “si è anche adoperato per dirimere i contrasti insorti per ragioni economiche tra gli associati, sviluppando nell’hinterland milanese degli incontri con Nicolò Mistretta e altri importanti esponenti della criminalità organizzata siciliana da anni operativi in Lombardia”. “Proprio in occasione di una riservata riunione tra Messina e un pluripregiudicato palermitano avvenuta all’interno di un affollato esercizio commerciale, in un più ampio discorso che riguardava la situazione della famiglia di cosa nostra di Castelvetrano e le difficoltà che stava incontrando il sodalizio per via dei numerosi interventi repressivi effettuati dalle forze dell’ordine – dicono gli investigatori -, era stato captato un rilevante dialogo in cui i due indagati facevano cenno anche al latitante Messina Denaro”. Il boss mafioso Matteo Messina Denaro, la primula rossa latitante da 30 anni, potrebbe essere transitato dalla stazione di Trapani. Gli investigatori del Ros e della Guardia di Finanza hanno captato durante una intercettazione una frase che farebbe riferimento proprio al boss ricercato. “Iddu veniva a Trapani”, dice a bassa voce il figlio di un mafioso palermitano. “Sì, iddu, lo accompagnava Mimmo alla stazione”. Con una Mercedes. Mimmo, secondo gli inquirenti, sarebbe uno dei fedelissimi del superlatitante, Mimmo Scimonelli. Gli investigatori hanno intercettato l’avvocato Antonio Messina mentre parlava con Giuseppe Fidanzati, che risulta solo indagato. E’ il figlio del boss dell’Acquasanta, Gaetano Fidanzati, morto tempo fa. In particolare Fidanzati ricordava di un incontro avvenuto alla stazione di Trapani con “Iddu” (lui ndr) che si era fatto accompagnare a bordo di una Mercedes da un certo “Mimmu”. E iddu, cioè lui, secondo il Ros sarebbe proprio Messina Denaro. Fiumi di droga dal Marocco e dalla Spagna che arrivavano fino all’Italia per un valore di oltre un milione e mezzo di euro. Questo quanto emerge dall’operazione. L’inchiesta ha permesso di ricostruire i lucrosi traffici delittuosi posti in essere dagli associati sin dall’estate del 2013, consentendo nell’ultimo quinquennio il sequestro degli ingenti carichi di stupefacente (hashish) acquistati dall’organizzazione criminale. Le indagini hanno evidenziato come i tre arrestati, tra cui l’ex avvocato Messina “autorevole esponente della criminalità organizzata trapanese, radiato dall’albo degli avvocati per le vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto in passato, emerso in maniera trasversale in diverse attività investigative perché in qualificati rapporti con esponenti apicali di cosa nostra, tutti originari di Campobello di Mazara e pluripregiudicati per reati inerenti al traffico illecito di sostanze stupefacenti, nonostante i periodi di detenzione ultradecennali scontati, sfruttando rapporti consolidati con alcuni referenti stranieri, nel periodo monitorato dalle indagini abbiano operato importazioni di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente lungo la tratta Marocco – Spagna – Italia”, dicono gli inquirenti. In particolare, nella prima fase delle investigazioni è stata intercettata una partita di droga proveniente dalla penisola iberica e destinata al mercato milanese, costituita da 240 chili di hashish, sequestrati a Carate Brianza (MB), con il conseguente arresto in flagranza di un soggetto incaricato di custodire lo stupefacente. La “merce” avrebbe fruttato alle casse dell’organizzazione circa 350mila euro, raddoppiando l’investimento illecito. Nello stesso frangente veniva ricostruito il reticolo di spaccio sulla piazza lombarda, composto dai soggetti ai quali gli associati facevano “assaggiare” lo stupefacente al fine di cederlo il più rapidamente possibile. Le indagini, “oltre a consentire di documentare numerosi episodi di minuto spaccio e l’acquisto di due armi da fuoco, hanno permesso di ricostruire l’attivismo dell’associazione per l’importazione di ulteriori carichi di hashish per oltre una tonnellata”, tra cui una “partita” di 180 chili ceduta a clienti di origine calabrese; un carico di 60 chili di hashish che, proveniente dalla Sicilia e destinato al mercato lombardo, è stato sequestrato alla fine del 2015 in Toscana. Nell’ultimo periodo, muovendo dal monitoraggio di Angelo Greco, arrestato il il 19 aprile dello scorso anno per partecipazione ad associazione mafiosa quale affiliato alla famiglia di cosa nostra di Campobello di Mazara, in costante collegamento con il vertice del mandamento di Castelvetrano e condannato con rito abbreviato a 8 anni reclusione, sono stati acquisiti ulteriori e convergenti elementi sul conto di Giacomo Tamburello, Antonio Messina inteso l’avvocato e Nicolò Mistretta”, come dicono gli inquirenti. Dalle indagini condotte è emerso che gli esponenti dell’organizzazione criminale investigata, oltre ad esprimere in alcuni dialoghi intercettati espliciti riferimenti al latitante Messina Denaro “hanno agito anche in favore della consorteria mafiosa campobellese prevedendo tra l’altro tra le sue finalità la distribuzione di parte dei proventi delittuosi per il soddisfacimento dei bisogni economici della nominata famiglia mafiosa, segnatamente per il sostentamento dei sodali detenuti”. La struttura criminale, per lo sviluppo delle sue attività illecite, si è avvalsa inoltre di una qualificata rete relazionale articolata sul territorio nazionale che ha visto coinvolti, tra gli altri, diversi soggetti oggi destinatari di provvedimento di perquisizione.
Redazione
Redazione
La nostra linea editoriale è fatta di format innovativi con contenuti che spaziano dalla politica allo sport, dalla medicina allo spettacolo.

Articoli correlati

Ultimi articoli