Urla da stadio hanno accompagnato l’abbattimento degli ultimi “pezzi” della Vela Verde di Scampia, sgretolata dai colpi delle pinze idrauliche della gru da 130 tonnellate, la “superlong 980 demolition”. Adesso uno degli edifici simbolo di Gomorra non c’è più. Al suo posto sorgerà un polo universitario. I lavori erano iniziati lo scorso 20 febbraio dopo decenni di battaglie ed erano stati sospesi come tutti i cantieri d’Italia nei mesi della quarantena imposta per arginare la pandemia di coronavirus. L’abbattimento della Vela Verde, un colosso di cemento alto 45 metri, lungo 70 e largo 26, è una speranza di rinascita per questo quadrante nord di Napoli che rappresenta un’importantissima piazza di spaccio per la camorra. Tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei 2000 furono abbattute tre delle 7 vele progettate dall’architetto Franz Di Salvo. Delle quattro ancora in piedi ne resterà solo una, che sarà trasformata in una sede degli uffici della Città Metropolitana di Napoli, come previsto dal progetto Restart Scampia finanziato dal “Bando Periferie” vinto dal progetto per Scampia, realizzato dal Comune di Napoli, dal comitato Vele e dall’Università Federico II. “Scampia non è solo Gomorra”, ripetono in tanti. Qualche nostalgico accenna un dispiacere: d’altronde questi luoghi sono stati resi celebri da Ciro e i Savastano, protagonisti della serie tv. “Si sta per completare l’abbattimento della Vela di Scampia, tra qualche giorno la vedrete giù”, aveva detto qualche giorno fa il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. “Prima della pandemia eravamo la prima città d’Italia per crescita turistico-culturale, una città piena di start up giovanili, adesso si sta ripartendo. Dobbiamo dare una visione alle nostre città”. E la Vela che non c’è più è già un buon inizio.
