venerdì, Marzo 29, 2024

Beatificazione di Rosario Livatino, la gioia della famiglia: “Abbiamo atteso questo momento per tanti, tantissimi anni”

“Oggi sono particolarmente commosso, sto pensando in questo momento a mio zio e mia zia, i genitori di Rosario che hanno atteso questo momento per tanti, tantissimi anni. Penso che in questo momento staranno gioendo insieme in paradiso”. Lo ha detto Salvatore Insenga, cugino del giudice Rosario Livatino, unico parente in vita del magistrato che sarà beato. Il Papa infatti ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto che ne riconosce il martirio. Si tratta del primo magistrato beato nella storia della Chiesa. “Il cardinale di Agrigento Francesco Montenegro mi aveva accennato che poteva succedere oggi – dice il cugino – nella commozione del momento sto pensando soprattutto a mio zio Vincenzo e a mia zia Rosalia. I suoi genitori erano molto legati a Rosario”. Il papà del giudice era fratello della mamma di Salvatore Insenga. “Saranno insieme in quell’angolo di paradiso dove Dio li ha accolti, oggi lì ci sarà una particolare gioia”. Ma Insenga pensa anche “a tutte le vittime di mafia”. “Spesso faccio iniziative con Libera, sono con loro ogni 21 marzo e so quante tragedie ha fatto la mafia – dice il cugino del giudice assassinato – Rosario oltre a essere un martire è anche soprattutto una vittima della mafia e io penso a tutte le vittime della mafia”. Salvatore Insenga aveva 20 anni quando è stato ucciso il cugino Rosario mentre andava al lavoro, al Tribunale di Agrigento. E ricorda con affetto il ‘giudice ragazzino’. “Non c’era differenza tra il ruolo di giudice e quello del cugino, era una persona seria e precisa, sia nel lavoro che nella vita affettiva e con i suoi genitori e i parenti era un uomo buono e accogliente”. “Era sempre pronto a mettere la buona parola – dice – mai una parola di divisione e ra un uomo di pace- ricorda ancora il cugino – io ero molto più giovane ma parlavamo spesso e si discuteva di certi argomenti e lui era sempre accogliente”. Poi Salvatore Insenga ricorda ancora che il cugino era “talmente legato” ai suoi genitori che quando “vinse il concorso in magistratura aveva ottenuto un voto altissimo e poteva scegliere qualsiasi sede ma lui scelse Caltanissetta così poteva stare vicino ai genitori”. “E poi andò ad Agrigento”, dove fu ucciso il 21 settembre di 30 anni fa da Cosa nostra. Nelle scorse settimane, Salvatore Insenga, commentando le dichiarazioni di “presunti parenti” del cugino Rosario Livatino aveva detto: “Devo constatare con profonda amarezza che da diversi anni la figura di mio cugino, Rosario Livatino, è stata strumentalizzata da persone, laici ed ecclesiastici, che vengono erroneamente presentati dai media come parenti stretti del Servo di Dio e peraltro come persone informate sugli sviluppi recenti della causa di beatificazione e canonizzazione in corso in Vaticano”. Insegna è l’unico parente prossimo ancora in vita del giudice canicattinese, ucciso dalla mafia. “Troppo spesso”, aveva affermato Insenga, “ho sentito in tv e ho letto sui giornali affermazioni sulla vita di Rosario molto di frequente prive di fondamento e pronunciate da persone che non hanno alcuna parentela con mio cugino o che millantano di aver avuto un rapporto confidenziale con lui”.
Redazione
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