sabato, Aprile 20, 2024

Coronavirus, il sopravvissuto ad Auschwitz Sami Modiano si è vaccinato contro il Covid

“Sami Modiano, sopravvissuto ad Auschwitz, ha appena fatto il vaccino anti Covid insieme a sua moglie Selma. Nel Lazio abbiamo iniziato le vaccinazioni per gli over 80 anni. Avanti così, un’immagine di fiducia e speranza per tutti! Grazie Sami! #vaccino”. Così in un post su Fb il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Sami Modiano nasce nel 1930 nell’isola greca di Rodi, all’epoca provincia italiana, figlio di Giacobbe Modiano. Alla promulgazione delle leggi razziali fasciste nel 1938, frequentava la terza elementare della sua scuola, dalla quale, essendo ebreo, si trovò improvvisamente espulso. In un’isola dove ebrei, cristiani e musulmani convivevano pacificamente fu la prima di una lunga serie di esperienze traumatiche. «Quel giorno ho perso la mia innocenza. Quella mattina mi ero svegliato come un bambino. La notte mi addormentai come un ebreo.» La vita dopo le leggi razziali non è facile: il padre perde il lavoro, la madre Diana muore per una grave malattia, la metà della comunità ebraica di Rodi lascia l’isola nella speranza di trovare salvezza altrove; anche Sami deve lavorare per sostenere la famiglia. La situazione a Rodi rimase tuttavia relativamente tranquilla fino all’armistizio che l’Italia firmò con gli Alleati l’8 settembre 1943. Dopo questa data i tedeschi invasero Rodi e il 23 luglio 1944 prelevarono con un inganno tutti gli ebrei presenti sull’isola, senza che nessuno potesse sfuggire, caricandoli nella stiva di un vecchio mercantile in condizioni disumane. Il viaggio durò da Rodi fino al Pireo: lì vennero caricati sui treni, il 3 agosto 1944, stipati nel buio soffocante dei vagoni piombati, diretti verso il campo nazista di Birkenau.Appena arrivati nel campo, il 16 agosto 1944, gli uomini vennero separati dalle donne e Modiano, quattordicenne, rimase con suo padre. Di lì a poco vi fu la selezione operata da Josef Mengele. Il suo destino era la morte nella camera a gas, ma il padre Giacobbe riuscì a portarlo nelle file dei superstiti. Il suo numero di matricola fu “B7456”, un numero in più di quello del padre, che aveva il numero B7455. Nei mesi successivi Sami perse la sorella Lucia e anche lo stesso padre, che appresa la morte della figlia, si consegnò volontariamente in infermeria ben sapendo quale fine gli venisse riservata. Lo stesso destino di morte sembrò essere riservato anche a Sami in più di un’occasione, come quando selezionato ancora una volta per il crematorio e in attesa di entrare nella camera a gas, fu salvato solo perché all’arrivo di un trasporto di patate un ufficiale delle SS ebbe bisogno di manodopera per scaricarlo. Nel campo Modiano strinse amicizia con un altro giovane deportato italiano, Piero Terracina, di soli due anni più grande di lui, proveniente da Roma: «Fu un’amicizia vera, profonda, fraterna. Avevamo tutti e due bisogno di un punto di riferimento.» Nel 1945 quando i sovietici erano a poche decine di chilometri dal campo, i tedeschi presero i superstiti e da Birkenau camminarono verso Auschwitz. Durante la marcia Modiano si accasciò a terra senza forze, abbandonando le speranze, ma fu sollevato da due sconosciuti compagni di sventura che lo portarono a destinazione lasciandolo su un cumulo di cadaveri per mimetizzarlo. Al suo risveglio, ormai salvo, vide una casa in lontananza e ci si trascinò. Lì trovò altri superstiti del campo fra i quali Primo Levi e l’amico Piero Terracina. Il giorno dopo arrivarono i sovietici. Era il 27 gennaio del 1945.
Redazione
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