giovedì, Marzo 28, 2024

Israele, i familiari dello scrittore Amos Oz lo difendono dalle accuse di abusi fisici e mentali

Galia, la figlia di Amos Oz, lo scrittore israeliano scomparso nel 2018, ha pubblicato un’autobiografia in cui denuncia i “continui abusi fisici e mentali” subiti dal padre, noto anche per il suo attivismo per la pace. Apparentemente noncurante che le sue parole siano destinate a scuotere dal profondo un vero e proprio monumento della letteratura israeliana, la figlia minore di Oz apre la biografia (“Qualcosa travestito da amore”, pubblicato in ebraico) con parole pesanti come pietre.”Nella mia infanzia, mio padre mi ha picchiato, insultato e umiliato – si legge -. La violenza è stata creativa: mi ha trascinato da dentro casa  e mi ha buttato fuori. Mi ha chiamato spazzatura”. E ancora: “Non era solo una passeggera perdita di controllo o uno schiaffo in faccia di tanto in tanto, ma una routine di abusi sadici. Il mio crimine ero io stessa, quindi la punizione non aveva fine. Aveva bisogno di assicurarsi che mi sarei spezzata”. A difesa dello scrittore è scesa subito in campo un’altra figlia dello scrittore, Fania Oz-Salzberger, storica e anche lei scrittrice, che ha detto di parlare a nome della famiglia: “Noi, Nili (la madre), Fania e Daniel (il fratello), conoscevamo un padre diverso. Un padre affettuoso, gentile e attento che ha amato la sua famiglia con un amore profondo pieno di preoccupazione, devozione e sacrificio. La maggior parte delle accuse che oggi Galia gli lancia contraddice assolutamente la forte memoria impressa in noi per tutta la nostra vita”. Fania ha raccontato che sua sorella ha deciso di rompere il rapporto con la famiglia sette anni fa, e che sono stati “sorpresi” dalle dichiarazioni contenute nel libro. Nella sua autobiografia, Galia affronta il complesso rapporto che aveva con il padre, tipico – lei dice – di molte famiglie disfunzionali.
“Questo libro parla di me, ma non solo. Case come quella in cui sono cresciuta in qualche modo fluttuano nello spazio, lontano dagli assistenti sociali, fuori dal raggio di influenza di rivoluzioni come #MeToo, senza lasciare un segno sui social media. Terrorizzate e isolate, nascondono i loro segreti con saggezza come famiglie criminali”.
“Per scriverne non ho altra scelta che superare la violenza e la segretezza, l’abitudine a tenere tutto dentro di me e la paura di quel che la gente dirà. Non lo sto ovviamente superando, ma ne scrivo”. Il pluripremiato scrittore, una delle figure israeliane più prestigiose, per anni tra gli autori in odore di Nobel, tradotto in 45 lingue, è morto all’età di 79 anni di cancro il 28 dicempre del 2018.
Redazione
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