giovedì, Marzo 28, 2024

La verità storica, il filo appeso del giallo Vannini

I Ciontoli in carcere: mai si era vista una sentenza che condanna un’intera famiglia per un delitto. Giustizia è fatta: mamma Marina e papà Valerio hanno portato a Marco il mazzo di fiori promesso dopo la sentenza definitiva sulla verità processuale

di Alberto Sava
Condanne definitive per Antonio Ciontoli, sua moglie Maria Pezzillo e i suoi figli Federico e Martina, imputati nel processo per l’omicidio di Marco Vannini, il ventenne deceduto nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 a seguito di un colpo di pistola sparato dall’arma di Ciontoli – padre della fidanzata di Vannini – nella villetta di famiglia a Ladispoli. Antonio Ciontoli 14 anni di carcere per omicidio volontario con dolo eventuale, e i suoi familiari 9 anni e 4 mesi per concorso in omicidio volontario. La sentenza della Cassazione sull’omicidio Vannini è unica: non si era mai vista un’intera famiglia ritenuta responsabile di un delitto. La motivazione del verdetto: nessuno fece nulla per salvare Marco. La sentenza è stata immeditatamente esecutiva: accompagnati dai loro avvocati, nella stessa serata di lunedì 3 maggio scorso l’intera famiglia Ciontoli si è costituita ai carabinieri di Civitavecchia, che li ha accompagnati alla caserma della Compagnia di via San Gallo per le generalità. Subito dopo il trasferimento in carcere nella Capitale: Antonio Ciontoli e Federico a Regina Coeli, mentre Martina e la mamma Maria Pezzillo a Rebibbia. Giustizia è fatta e così mamma Marina e papà Valerio hanno potuto mantenere la promessa fatta a Marco di portare un mazzo di fiori sulla sua tomba. Una promessa mantenuta che suggella la verità processuale, purtroppo non quella storica: quale è stata la reale dinamica dei fatti e quale il movente? Marco avrebbe potuto raccontarla la verità, ma non può più parlare, ed è probabile che la verità storica resterà il filo appeso di questo caso chiuso dopo sei anni di processo, cinque gradi di giudizio, condanne per 42 anni complessivi, senza che nessuno dei protagonisti di questa tragedia, tinta di giallo, abbia detto tutta la verità. Il verdetto della Cassazione, una sentenza per due tragedie: quella della famiglia Vannini, il cui figlio ora potrà riposare in pace, anche se Marina e Valerio non rivedranno mai più il loro Marco se non nel ricordo che sarà sempre vivo. Ed anche quella della famiglia Ciontoli, tutti in celle separate dove avranno modo e tempo per riflettere sulle loro responsabilità singole e collettive, ma uniti nella condivisione del segreto, rimasto tale, della conoscenza dei fatti. Quella drammatica sera del 17 maggio di sei anni fa a casa Ciontoli era presente anche Viola Giorgini, fidanzata di Federico: da alcune indiscrezioni sembrerebbe che forse si potrebbe riaccendere l’attenzione sulla giovane, per presunta falsa testimonianza davanti alla Corte di Assise nel processo di appello bis, e magari aprire nuovi squarci di verità.
La notte tra il 17 e 18 maggio 2015
Una lunga, drammatica notte di 6 anni fa, al centro di un caso giudiziario che ha suscitato molti dibattiti e polemiche: è quella tra il 17 e il 18 maggio 2015, quando Marco Vannini, 20 anni, muore dopo essere stato ferito da un colpo di pistola nella casa della sua fidanzata, Martina Ciontoli, a Ladispoli. Alle 23 del 17 maggio Marco Vannini è a casa Ciontoli e si sta facendo una doccia, è la ricostruzione emersa dalle indagini: entra in bagno Antonio Ciontoli, sottufficiale di Marina e padre di Martina, per prendere due pistole che aveva riposto in una scarpiera. Marco, racconta Ciontoli, si mostra interessato alle armi e lui, per gioco, pensando che la pistola fosse scarica, fa esplodere un colpo, che ferisce Vannini a un braccio.
Le telefonate al 118 per i soccorsi
Quaranta minuti dopo, la prima chiamata al 118: a parlare è Federico Ciontoli, figlio di Antonio e fratello di Martina. Dice all’operatore che un ragazzo ha avuto un mancamento per uno scherzo. La cornetta passa alla madre, Maria Pezzillo, che chiude il telefono affermando che richiamerà in caso di bisogno. Poco dopo la mezzanotte – ore 00.06 – al 118 giunge un’altra telefonata: stavolta è Antonio Ciontoli, che riferisce di un ragazzo che si è infortunato nella vasca da bagno con un pettine appuntito. L’operatrice sente in sottofondo lamenti e urla di Vannini. L’ambulanza arriva a mezzanotte e 23 minuti: a mezzanotte e 54, Ciontoli al Pit (Posto di primo intervento) di Ladispoli parla di un colpo partito accidentalmente. Viene chiamato l’elisoccorso per trasportare Vannini al Policlinico Gemelli: ben due volte sarà costretto ad atterrare per l’aggravarsi delle condizioni del giovane. Poco dopo le 3 del mattino del 18 maggio, Marco Vannini muore.
Il processo: cinque tappe in sei anni
Con la sentenza pronunciata il 14 aprile del 2018, la Corte d’assise di Roma condanna Antonio Ciontoli per omicidio volontario con dolo eventuale a 14 anni di reclusione e infligge 3 anni ciascuno a sua moglie e ai suoi due figli. Un verdetto che viene ridimensionato in appello, quando i giudici di secondo grado, il 29 gennaio 2019, dichiarano Ciontoli responsabile di omicidio colposo, condannandolo a 5 anni di carcere e confermando la pena pari a 3 anni per i suoi familiari. Una sentenza che scatena la rabbia dei genitori di Vannini, e che viene impugnata dalla procura generale di Roma, la quale presenta ricorso in Cassazione, tornando a sostenere la tesi dell’omicidio volontario con dolo eventuale. Il 7 febbraio 2020 si celebra il processo alla Suprema Corte: il pg Elisabetta Ceniccola sollecita l’annullamento della pronuncia d’appello, condividendo la tesi della procura generale di Roma e delle parti civili. Quello di Vannini – afferma il magistrato – va inquadrato come omicidio volontario e la sua morte fu causata dai 110 minuti di ritardo nei soccorsi. La prima sezione penale della Cassazione accoglie questa tesi e, annullando la sentenza di secondo grado, rinvia gli atti alla Corte d’assise d’appello di Roma. La morte di Marco Vannini, scrivono nella loro sentenza i giudici del ‘Palazzaccio’, “sopraggiunse” quale “conseguenza” sia delle “lesioni causate dal colpo di pistola” che della “mancanza di soccorsi che, certamente, se tempestivamente attivati, avrebbero scongiurato l’effetto infausto”. L’appello-bis, quindi, sulla base anche delle motivazioni della Cassazione, si conclude lo scorso 30 settembre ripristinando la condanna a 14 anni per Antonio Ciontoli con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, mentre la moglie e i figli vengono ritenuti responsabili di “concorso anomalo” e condannati a 9 anni e 4 mesi di reclusione. Condanne che oggi, al termine del secondo processo in Cassazione, sono divenute definitive. Fin qui la ricostruzione di tutta la vicenda.
Mamma Marina e papà Valerio Vannini:
“Giustizia è fatta, Marco riposa in pace”
“Giustizia è fatta, Marco riposa in pace”. Con queste parole Marina Conte, la mamma di Marco Vannini, ha voluto commentare la lettura della sentenza bis emessa dalla Corte di Cassazione. “Non finirà qua – ha proseguito -, io continuerò a portare in alto il nome di mio figlio, magari aprendo un’associazione per poter aiutare i giovani. Gli hanno levato la dignità in quella casa: dire che mio figlio faceva il bagno davanti a mio suocero vuol dire questo. Marco è stato spogliato di dignità. La scorsa settimana me lo sono sognato: mi diceva ‘mamma andrà tutto come deve andare’. Non l’ho detto neanche a mio marito. Era bello, stava al mare. Ci siamo battuti per 6 anni, la paura c’è sempre ma ci abbiamo creduto fino alla fine.” Questo invece il primo commento del papà di Marco, Valerio: “Sono contento che finalmente è stata fatta giustizia per Marco. Gli avevamo promesso un mazzo di fiori se fosse stata fatta giustizia e domani è la prima cosa che farò. Martina (la figlia di Antonio Ciontoli) per la prima volta mi ha rivolto uno sguardo, ci ha guardato”. “Ce l’abbiamo fatta. È stato difficile, siamo tutti provati dalla stanchezza. E’ stato un percorso lunghissimo. Stasera per loro si aprono le porte del carcere. Ma non volevano vendetta ma solo giustizia. Oggi pensiamo di averla avuta”, le parole di Roberto Carlini, zio di Marco Vannini, all’esterno del ‘Palazzaccio’ a Roma.
Il sindaco di Cerveteri Pascucci:
“Giustizia è fatta, finalmente”
“Finalmente possiamo portare quel mazzo di fiori promesso a Marco 6 anni fa”. Queste le parole che Mamma Marina ha pronunciato pochi minuti dopo la sentenza della Suprema Corte. Oggi pomeriggio sono state infatti confermate le condanne a 14 anni per Antonio Ciontoli e a 9 anni e 4 mesi per i suoi familiari. Mettendo fine a una storia lunga e dolorosissima. Non so cosa mi aspettassi, cosa ci aspettassimo tutti da questa giornata. Forse in fondo speravamo semplicemente che Marina e Valerio trovassero un po’ di serenità; per quanto possibile nella loro situazione. E quel sorriso grande, liberatorio, che ho visto sui loro volti, quelle lacrime, quel pianto, mi hanno fatto tirare un piccolo respiro di sollievo. “Giustizia è fatta” continuavano a ripetere. E in fondo tutti noi oggi cercavamo proprio Giustizia. Quella vera, con la lettera maiuscola. Quella che in questi anni ci era sembrata negata. Che lo conoscessimo o no, che gli avessimo voluto bene o meno, che la sua vita si fosse intrecciata alla nostra o semplicemente avessimo scoperto la sua storia soltanto dopo, poco importa. Marco aveva vent’anni ed è stato ucciso mentre era in casa della fidanzata, in un luogo sicuro, confortevole, in mezzo a persone che, al contrario, avrebbero dovuto proteggerlo. Giustizia era necessaria. Aver individuato i colpevoli, con una sentenza che non dà più adito a dubbi, non ci restituirà Marco; non lo ridarà a Marina e a Valerio. Lo sappiamo bene. Nessuna sentenza oggi ci sarebbe bastata. Difficile dire che sia un giorno bello; un giorno di vittoria certo, ma sicuramente non di festa. Giustizia sembrava lontana, ma inevitabile. Riprendendo Menandro, Leopardi ha detto che “muor giovane colui che al cielo è caro”. E senza alcun dubbio Marco è caro al cielo. Da lassù so che continuerà a dare forza ai genitori e a coloro che lo amano. Soltanto lui in fondo avrebbe potuto mettere insieme così tante persone, provenienti da tutto il mondo, unite nella ricerca della Giustizia. Quella Giustizia che era così tanto desiderata e sperata. Domani (ieri, ndr) Marina e Valerio andranno a portare quel mazzo di fiori promesso 6 anni fa. Noi tutti saremo lì con loro. Sì, perché oggi Giustizia è fatta. Ciao, Marco. Che la terra ti sia lieve.
Il sindaco di Ladispoli Grando:
“Felice per Marina e Valerio”
Si è lasciato andare ad un commento sui social il sindaco di Ladispoli, Alessandro Grando appena appresa la notizia della conferma definitiva della condanna: “Sulla tragica vicenda della morte di Marco Vannini è stata finalmente messa la parola fine. Dopo anni dure battaglie Marina e Valerio hanno ottenuto giustizia per loro figlio. Non sta a me giudicare se le pene confermate dalla Cassazione siano adeguate alla gravità del reato commesso, anche se molti, compreso il sottoscritto, ritengono che la vita di un ragazzo di vent’anni meritasse una condanna decisamente più severa. Sono comunque felice per Marina e Valerio, che non hanno mai smesso di lottare, e per tutte le persone che da sei anni a questa parte sono state al loro fianco e non li hanno mai fatti sentire soli. Finalmente Marco potrà riposare in pace”.
Redazione
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