mercoledì, Aprile 24, 2024

Il Tempio di Alatri “rinasce” a Villa Giulia

Trascurato da decenni, relegato a funzioni diverse da quelle originarie che hanno portato a un progressivo logoramento delle decorazioni architettoniche, ‘rinascerà’ e sarà restituito alla pubblica fruizione il Tempio di Alatri, la riproduzione a grandezza naturale di un tempio etrusco-italico rinvenuto ad Alatri (FR) nel 1882, collocata nei giardini del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, a Roma, tra il Ninfeo e l’ala destra del percorso espositivo.
La ricostruzione, curata dall’architetto e archeologo Adolfo Cozza per volere di Felice Barnabei, padre fondatore del Museo, fu realizzata in base ai risultati di uno scavo condotto dallo stesso Cozza e da H. Winnefeld dell’Istituto archeologico Germanico in località La Stazza (1chilometro a nord di Alatri). Le indagini avevano portato alla luce le fondamenta di un tempietto del III-II secolo a.C., oltre ai resti della sua decorazione architettonica, che servì da modello per la ricostruzione fedele degli elementi decorativi moderni, riprodotti con le stesse tecniche e materiali di oltre duemila anni prima. Il tempio, realizzato tra il 1889 (anno in cui venne inaugurato il Museo) e il 1891, è uno dei primi esempi al mondo di ricostruzione per fini didattici e divulgativi. Un’opera avveniristica e uno dei primi casi di “open air museum” a livello internazionale, finora ingiustamente sottovalutato dalla critica museologica, anche a causa della sua precoce trasformazione in un semplice deposito, inaccessibile al pubblico. Il restauro è solo il primo passo di un percorso più ampio, già finanziato dalla Regione Lazio con un bando per l’innovazione tecnologica. A 45 anni dall’ultimo intervento coordinato da Lucos Cozza (archeologo nipote di Adolfo), il nuovo cantiere è il presupposto per la futura trasformazione del tempio in una “Macchina del tempio”, che ospiterà al suo interno uno spazio immersivo digitale, in cui vivere l’esperienza del racconto della storia come in un viaggio attraverso il tempo giocando non soltanto sulla componente tecnologica, ma anche su quella della narrazione storica.
Redazione
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