mercoledì, Aprile 24, 2024

Rebibbia: polemiche per il parto in carcere di una detenuta

“Per fortuna tutto è andato bene in questa circostanza, ma questa vicenda è il segno di una disattenzione nei confronti della gravidanza, che è incompatibile con lo stato detentivo, come per le mamme di bambini piccoli, per le quali esistono delle strutture protette. Bisogna fare in modo che le donne incinte non stiano all’interno degli istituti penitenziari”. Così il Garante dei Detenuti del Lazio, Stefano Anastasìa dopo che una donna costretta a rimanere in carcere al termine della gravidanza ha partorito in cella senza un’ostetrica. Il grave episodio risale allo scorso 3 settembre all’interno della Sezione Femminile della casa circondariale di Rebibbia, dove una ventitreenne di etnia rom era stata condotta dopo un furto, su decisione del giudice, nonostante fosse in procinto di partorire. Ora saranno gli ispettori inviati dal Guardasigilli Marta Cartabia ad esaminare l’aspetto giudiziario e il comportamento della giudice che ha tenuto in cella la madre. Sulla vicenda è intervenuta anche il Garante dei detenuti di Roma, Gabriella Stramaccioni che dopo essersi recata in carcere il 14 agosto, si è attivata affinché per la donna venisse valutata una detenzione alternativa: “Le donne incinte e i bambini non devono entrare in carcere. Per loro deve essere prevista una soluzione alternativa, come l’ingresso in una struttura comunale oppure l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari. “I bambini non devono entrare in carcere, così come le donne incinte – afferma Stramaccioni – La detenzione preventiva nei penitenziari deve essere presa in considerazione come extrema ratio, solo per i casi di conclamata pericolosità sociale”. Ma la Garante tiene a precisare che dietro l’applicazione della misura di custodia cautelare in carcere non ci sia una condotta pregiudizievole o discriminatoria. Dura anche la posizione di Mauro Palma, garante nazionale dei detenuti e delle persone private della libertà personale: “Come istituzioni siamo tutti responsabili, perché non si può far nascere una persona in situazioni di detenzione, è una vergogna”.  Camera: In discussione in Commissione Giustizia la proposta di legge Siani Sul fronte legislativo, in commissione Giustizia alla Camera è in discussione la proposta di legge Siani che prevede l’istituzione di un fondo dedicato che garantisca le risorse necessarie all’inserimento dei nuclei mamma-bambino all’interno di case famiglia e comunità alloggio mamma–bambino, idonei ad ospitarli. Ma sono tante le associazioni e le comunità di assistenza ai più deboli e bisognosi che vengono in aiuto. E’ il caso della Papa Giovanni XXIII che ha offerto al Dap nuove case per accogliere dieci donne che attualmente sono in carcere con i bambini. La situazione in Italia: 22 detenute madri e 25 in istituti di pena Attualmente nel nostro paese sono 22 le detenute-madri nelle sezioni nido degli istituti penitenziari e negli istituti a custodia attenuata specificamente attrezzati per l’accoglienza di madri con prole (Icam) e 25 i minori presenti insieme a loro. Lo rende noto il ministero della Giustizia. Undici detenute sono distribuite fra gli Icam di Torino (2 madri e 2 minori), Milano (2 madri e 2 minori) e Venezia (2 madri e 3 minori); due sono nella sezione nido della Casa circondariale femminile di Roma Rebibbia (dove si trovano anche due minori), mentre in ciascuna delle apposite sezioni nido di Torino, Milano Bollate e Firenze Sollicciano sono ospitate una madre con un minore al seguito. Il numero più alto di presenze si registra all’Icam di Lauro, in Irpinia, che ospita 11 madri e 13 bimbi (numero che, per un refuso, è stato riportato ieri in una nota). Altre sezioni nido sono attive negli istituti di Perugia, Foggia, Reggio Calabria e Messina, ma, alla data di ieri, 10 settembre 2021, non registrano la presenza di detenute-madri. Petralia: “Rammaricato. Dap si sta attivando per ridurre il numero delle detenute-madri” ”Come responsabile dell’Amministrazione Penitenziaria, non posso che essere rammaricato per il fatto che una donna abbia dovuto partorire in carcere. Fortunatamente si tratta di una vicenda che si è conclusa senza alcuna criticità e ora sia la mamma che la neonata stanno bene”. Lo afferma, in una nota, il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Bernardo Petralia, commentando la vicenda della giovane detenuta che ha partorito nella Casa circondariale femminile di Roma Rebibbia. A seguito dei primi accertamenti immediatamente disposti dal Capo del Dap, risulta che la donna, in istituto dal 23 giugno scorso, in data 1 agosto aveva presentato una istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare. Il 7 agosto, riporta una nota del Ministero della Giustizia, l’Autorità Giudiziaria si riservava di decidere in attesa di una relazione dell’Area sanitaria dell’istituto sulle condizioni di salute della detenuta; richiesta che veniva sollecitata nuovamente il 9 agosto. Il giorno successivo, 10 agosto, l’Area sanitaria inviava la relazione alla quale non ha fatto seguito alcun altro provvedimento dell’Autorità Giudiziaria. Il 18 agosto la detenuta veniva inviata per accertamenti urgenti in ospedale, dal quale rientrava in istituto lo stesso giorno. ”Tengo a precisare che nessuna responsabilità può essere addossata all’istituto penitenziario che si è adoperato, nel limite delle proprie responsabilità e competenze, per velocizzare al massimo le comunicazioni con l’Autorità Giudiziaria e le Autorità Sanitarie competenti, in relazione all’istanza di revoca della custodia cautelare avanzate dalla detenuta”, aggiunge il Capo del Dap.  Stando alle prime ricostruzioni, nella notte fra il 30 e il 31 agosto la detenuta si trovava nella propria stanza del reparto infermeria dell’istituto penitenziario, assistita dal medico e dall’infermiera in servizio. Al manifestarsi dei primi dolori e constatata l’urgenza di un ricovero, il medico si sarebbe allontanato per contattare l’ospedale e richiedere l’immediato intervento di una ambulanza. Proprio in quel frangente la detenuta avrebbe partorito. ”Il Dap si sta attivando per ridurre il numero delle detenute-madri in carcere. Attualmente sono 11 quelle nelle sezioni nido degli istituti penitenziari e in quelli a custodia attenuata e 13 i minori con loro presenti. Come già anticipato dalla Ministra Cartabia, il Dipartimento si sta adoperando anche con la Comunità Papa Giovanni XXIII per poter ottenere per loro una sistemazione diversa e migliore all’esterno delle strutture penitenziarie”, conclude Petralia. Spp: “Quanto è accaduto è vergognoso” “Quanto è accaduto in una cella del carcere romano con la detenuta che ha partorito assistita dai sanitari dell’istituto e dal personale di polizia penitenziaria dovrebbe far vergognare la Ministra di Grazia e Giustizia Cartabia, prima di tutto come donna. Inviare gli ispettori ministeriali dopo quanto è successo è tardivo, inutile e non può servire a salvare la coscienza”. Lo sostiene Aldo Di Giacomo,segretario del sindacato della polizia penitenziaria Spp.Il sindacalista ricorda che da diversi anni la sua organizzazione ha lanciato la campagna “nessun bambino in cella” e “purtroppo dobbiamo solo registrare che il numero si è dimezzato ma la situazione di autentica barbarie non è stata superata. E’ anche questo il segnale del disinteresse istituzionale e della politica per i veri problemi del sistema penitenziario italiano mostrando solo interesse per fatti come quelli di Santa Maria Capua Vetere per i quali si continua a dare grande clamore mediatico”.
Redazione
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