venerdì, Aprile 26, 2024

L’allarme di Coldiretti: Ogni anno nel mondo si butta quasi un miliardo di tonnellate di cibo

Ogni anno nel mondo viene sprecato quasi un miliardo di tonnellate di cibo, pari al 17% di tutto quello prodotto, con un impatto devastante sull’ambiente e sul clima, oltre che su un’economia già duramente colpita dall’emergenza Covid. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti nazionale su dati Onu diffusa in occasione del G20 di Firenze dove proprio lo spreco è uno dei grandi temi al centro del summit. In Piazza Santa Croce spazio ai trucchi dei tutor della spesa per ridurre il cibo buttato a tavola anche con le scelte giuste nel carrello, gli ingegnosi piatti cucinati in diretta degli agrichef per recuperare gli avanzi fino alla preparazione “live” delle conserve con il recupero di un rito contadino nelle case favorito proprio dall’emergenza Covid. “A guidare la classifica degli sprechi sono le abitazioni private – rileva Coldiretti – dove si butta mediamente circa l’11% del cibo acquistato mentre mense e rivenditori ne gettano rispettivamente il 5% e il 2%. Un vero e proprio paradosso se si considera che 2,37 miliardi le persone non hanno avuto accesso a un’alimentazione sana nel 2020, in aumento di quasi 320 milioni in un anno”. “Ma il fenomeno determina anche – precisa la Coldiretti – effetti dirompenti sull’economia, sulla sostenibilità e sul piano ambientale per l’impatto negativo sul dispendio energetico e sullo smaltimento dei rifiuti. Si stima, infatti, che le emissioni associate allo spreco alimentare rappresentino l’8-10% del totale dei gas serra. Nelle case italiane si gettano mediamente ogni anno – spiega Coldiretti sulla base del rapporto Onu – circa 67 kg di cibo all’anno per abitante, per un totale di oltre 4 milioni di tonnellate che vede il nostro Paese al dodicesimo posto della classifica degli ‘spreconi’ dei Paesi del G20 che vede in testa gli sceicchi dell’Arabia Saudita con 105 kg di prodotti alimentari che finiscono nella spazzatura, davanti ad Australia con 102 chili e al Messico con 94 chili, mentre i più virtuosi sono russi (appena 33 chili di cibo buttato), sudafricani (40 chili) e indiani (50 chili). Ma se si considerano solo le nazioni dell’Unione Europea, emerge che i cittadini del Belpaese sono più responsabili dei cugini francesi che in un anno gettano alimentari per 85 chili a testa e tedeschi (75 kg) mentre gli inglesi appena usciti sono a quota 77 kg”. “Un problema drammatico dal punto di vista etico oltre che economico contro il quale Coldiretti è impegnata da anni in un’opera di sensibilizzazione dei consumatori attraverso il progetto dei mercati di Campagna Amica per il contenimento degli sprechi con la più grande rete delle fattorie e dei mercati a chilometri zero che riduce le distanze ed i tempi di trasporto e garantisce maggiore freschezza e tempi più lunghi di conservazione degli alimenti”, ha sottolineato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Cia: pronti a guidare rivoluzione digitale agroecologia Dall’utilizzo di robot intelligenti nelle stalle, alla vendemmia digitale, fino alle app che permettono di monitorare il lavoro nei campi, mettendo in connessione tutti i diversi aspetti di una moderna azienda agricola. Le rivoluzioni dell’agroecologia e dell’agricoltura digitale stanno per cambiare radicalmente il settore rurale, stimolate dalle nuove regole Ue dell’architettura verde e dalle opportunità del Credito di imposta 2020, con l’obiettivo di una sostenibilità ambientale che sia autentica, non solo di facciata. Lo afferma una nota di Cia – Agricoltori Italiani. Fare agricoltura digitale significa raccogliere dati, elaborarli e prendere decisioni grazie alle informazioni raccolte (“data driven decision”). Parte, dunque, dal G20 di Firenze il percorso Cia-Agricoltori Italiani negli scenari dell’agritech, per sostenere le aziende e i produttori in questa fase di transizione, con l’obiettivo di garantire maggiore sostenibilità ma, allo stesso tempo, più reddito e competitività, con particolare attenzione alle aree interne del Paese, continua la nota. C’è, dunque, bisogno di strumentazioni evolute sia nell’hardware che nel software, per permettere agli agricoltori un approccio più razionale alle loro strategie imprenditoriali, rendendo tutto misurabile e controllabile.   Nei workshop allo stand Cia, l’associazione ha realizzato un vero e proprio showcase sulle soluzioni informatiche più innovative del mondo digitale applicato al settore rurale, grazie alle competenze di aziende protagoniste del cosiddetto smart farming, prosegue Cia. Si sono approfonditi gli sviluppi dell’agricoltura 4.0, con app create ad hoc per semplificare il lavoro degli agricoltori e sulla digitalizzazione delle produzioni vegetali sostenibili. Un focus particolare sulle opportunità del digitale nell’ambito della zootecnia, con l’utilizzo di robot intelligenti per l’alimentazione “di precisione” dei bovini in stalla, con lo scopo di migliorare ridurre l’impatto ambientale e il benessere animale, anche grazie ad applicazioni che consentono il controllo continuo -tramite sensori- dello stato di salute della mandria, continua la nota. Tutto questo fa parte del nuovo processo di transizione digitale avviato da Cia – si legge nella nota – per semplificare il lavoro dei produttori e valorizzarne il patrimonio informativo, cercando di colmare il gap che ancora sussiste nel mondo rurale. Cia stima, infatti, che il 50% delle aziende non sia ancora familiare con l’utilizzo di queste nuove tecnologie. Secondo il digital farm specialist Cristiano Spadoni: “I campioni dell’agricoltura hi-tech sono i viticoltori, che hanno reso questa vendemmia 2021 la più digitale di sempre. Migliaia di produttori gestiscono il lavoro tramite pc con veri e propri quaderni di campagna digitali: le uve sono controllate appena colte, grazie a sistemi di controllo qualità, che in un click traccia la carta d’identità di ogni vigneto. Anche la frutta a guscio -prosegue Spadoni- è “coltivata con il digitale” e in ogni momento si può garantire l’origine, grazie alla geolocalizzazione dei noccioleti, tracciando il percorso della nocciola dal campo alla cucina”. “E poi c’è la lotta al climate change -ricorda il presidente Cia, Dino Scanavino- dove ricercatori e cantine collaborano per progettare soluzioni che mitigano gli effetti dell’innalzamento delle temperature, analizzando big data con tecniche di intelligenza artificiale e mappando i vigneti con droni e robot dotati di sensori di ultima generazione. Il digitale in agricoltura -prosegue Scanavino- non è più una soluzione di nicchia ma una garanzia di sicurezza alimentare, tracciando tutto il processo produttivo dell’agricoltore e così garantendo la necessaria trasparenza al consumatore finale”. Presentando al G20 i primi risultati delle sinergie instaurate con questi importanti player dell’agritech, Scanavino ha, infine, sottolineato l’importanza dei digital farm specialist nella scelta delle migliori soluzioni per i produttori nella lotta biotecnologica contro le fitopatie, utilizzando le moderne tecnologie meccaniche e digitali, prosegue la nota di Cia. Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano in Italia il valore dell’agricoltura digitale sfiora i 400 milioni di euro, con un incremento del 270% rispetto all’anno precedente, a fronte di un mercato mondiale di 9 miliardi: l’agricoltura italiana di precisione può, dunque, essere un player importante e svolgere un ruolo di rilievo nello sviluppo dell’economia. Ibma Italia: sostenere il biocontrollo per F2F “Auspichiamo che da questo G20 Agricoltura vengano portate avanti delle politiche di sostegno e diffusione del biocontrollo come un punto di riferimento e l’attuazione del  Green Deal e del Farm To Fork”. Lo afferma, in una nota, Giacomo De Maio , presidente IBMA Italia, l’associazione delle aziende italiane operanti nell’industria della bioprotezione, in occasione del G20 Agricoltura in corso a Firenze.”Le nostre aziende associate – ricorda De Maio – sono in prima linea in termini di investimenti e sviluppo di sostanze e mezzi tecnici per un’agricoltura sempre più green ed in linea con gli ambiziosi obiettivi di questa transizione verde”. “Prevediamo – conclude il Presidente di Ibma Italia – che la riduzione del 50% delle sostanze di sintesi possa essere raggiunta solo se potremo stringere alleanze strategiche con il mondo dell’associazionismo agricolo e con gli organi ufficiali di controllo che moderano il settore”.
Redazione
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