mercoledì, Aprile 24, 2024

Pandemia: a Cerveteri correva l’anno 1956 quando difterite e il crudele vaiolo falciavano vite umane

In un tempo in cui confronti tumultuosi sulle vaccinazioni, ma ancor più sull’obbligatorietà della somministrazione, vedono protagonisti insigni accademici ed il sempre più numeroso esercito degli accidiosi, trovo utile proporre la lettura di un documento comunale e riportare il racconto di un noto amico parassitologo, risalenti, entrambi, alla metà degli anni cinquanta. Incipit doveroso è quanto l’enciclopedia Treccani riporta sotto il termine Somministrare (dal lat. subministrare, comp. di sub “sotto” e ministrare “ dare, porgere). Dare, distribuire ad altri, adempiendo un proprio ufficio specifico, o un compito particolare: somministrare i Sacramenti, da parte del sacerdote; somministrare una medicina ad un malato, da parte di chi assiste il malato o ne ha cura; somministrare viveri alle popolazioni affamate. Più genericamente, offrire, porgere, provvedere di, fornire, cosa utile o necessaria (ma anche, talora, dannosa, come per esempio nella frase somministrare il veleno). Ma torniamo al documento cervetrano. Il 20 dicembre 1956, l’ufficiale Sanitario Dott. Giuseppe Piana, invia una lettera raccomandata al Sindaco di Cerveteri avente come oggetto: Vaccinazione antivaiolosa ed antidifterica – “Illustrissimo Signor Sindaco, faccio presente alla S. V. che nella sessione autunnale 1956 della vaccinazione anti vaiolosa ed antidifterica si sono verificati numerosissimi casi di inadempienza all’obbligo di legge per i bambini nati nel 1^ semestre c.a, ed in quelli nati nel 1955 e non ancora vaccinati. Infatti dagli elenchi fornitimi dallo Stato Civile e che qui allego perché la S.V. possa prenderne visione, solo i bambini segnati con asterisco sono stati portati alla vaccinazione, mentre tutti gli altri non hanno ottemperato alle precise disposizioni della Legge Sanitaria (R.D. 31/3/1892 n. 328articolo II), e ciò malgrado gli avvisi esposti al pubblico e nell’Ambulatorio Comunale. Pertanto, mentre è mio dovere segnalare il fatto, prego la S.V. di voler disporre i provvedimenti necessari, intimando alle famiglie inadempienti l’obbligo della vaccinazione di legge, tanto più necessaria in questo periodo in cui sono stati segnalati numerosi casi di difterite in Roma e Provincia. Con perfetta osservanza.” La Difterite era essenzialmente una malattia infantile che colpiva fino al 10% dei bambini, il Vaiolo fu cosa ben più crudele. Per entrambi ci fu l’obbligatorietà della vaccinazione, stabilita per legge nel 1939, che fece precipitare i casi di malattia a numeri infinitesimali. Siamo ancora in molti a ricordare la interminabile fila che, dalla salita delle suore, arrivava fino all’ingresso dell’Ambulatorio, dove il medico, con l’assistenza di una suora, pungeva rapidamente con un ago particolare il braccio. Messo il cerotto, per evitare che il virus si diffondesse e per inibire la voglia di grattarsi, trascorse tre settimane, avvenuta la caduta della crosticina, ci si ritrovava con una cicatrice permanente e vistosa. Interminabili anche allora le battute infelici sul fatto che il vaccino contenesse il virus vivo del vaiolo bovino e sugli effetti collaterali, rarissimi, ma manifestatisi. L’elenco che il dottor Piana rinvia al Sindaco, stilato dall’ufficiale di Stato civile Goffredo Capannini, riguardava essenzialmente i quarantanove nati nel primo semestre dell’anno cinquantasei. La soluzione venne presto trovata con la mobilitazione dei due vigili urbani che, passando casa per casa, “invitarono” i genitori inadempienti a recarsi entro due giorni all’Ambulatorio comunale con il pargoletto. Il racconto del medico Silvio Pampiglione riguarda invece un episodio avvenuto a Palma di Montechiaro, pochi mesi dopo che il medico aveva lasciato Cerveteri dove si era fatto conoscere come sostituto medico. Pampiglione si recò assieme ad altri studiosi in Sicilia come volontario per un progetto di ricerca, voluto ed organizzato da Danilo Dolci, sulle condizioni igieniche, sociali ed economiche di quella parte di Sicilia occidentale. I risultati di quella ricerca furono al centro di un convegno che ebbe in tutta Italia grandissima risonanza e la relazione del prof. Pampiglione sulla situazione sanitaria nel paese del Gattopardo, destò enorme impressione).
AGGIORNAMENTO del 27.09.2021 ore 17.26

Quando un racconto viaggia nel tempo e diventa storia

Uno degli episodi che Pampiglione raccontava durante i suoi numerosi ritorni a Cerveteri   riguardava proprio la vaccinazione. Nonostante la necessità di somministrazione per ben due volte il pulmino attrezzato, proveniente da Agrigento, sostò inutilmente nella piazza antistante la scuola di Palma. Una sera sul tardi bussarono alla porta dell’abitazione di Pampiglio “Senta dottore abbiamo bisogno: una bambina sta molto male” Un compagno del posto lo avvisò che il messaggero era al servizio di un potente galantuomo del posto e che, molto probabilmente, si trattava di sua figlia. Il dottor Pampiglione non ebbe esitazione alcuna, lo esigeva il suo giuramento, e seguì il messaggero fino nel cuore del vecchio Paese, camminando su strade in terra battuta, tra rigagnoli di acque nere, cercando di evitare fetidi solchi. Giunsero a casa della ammalata che, attorniata da diverse donne, si straziava nel letto. Pampiglione capì immediatamente che si trattava di peritonite. Il suo intervento fu decisivo nel salvarla. Alcuni giorni dopo il galantuomo si presentò e, afferrando in una stretta energica la mano del medico, chiese come potesse sdebitarsi. Pampiglione alquanto stupito gli rispose che non aveva fatto che il suo dovere, poi gli raccontò del suo impegno a Palma e delle difficoltà riscontrate nel vaccinare gli scolari. Tra quattro giorni faccia ritornare il pulmino!” Il giorno programmato, a partire dalle sette di mattina, una fila ordinata di ragazzini attendeva il proprio turno per vaccinarsi.
Angelo Alfani
Redazione
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