sabato, Aprile 20, 2024

Perugia, sgominata gang di rapinatori di case. Dodici di loro prendevano il reddito di cittadinanza

Le indagini della Polizia hanno permesso di ricostruire la struttura di un sodalizio criminale ben strutturato e organizzato dedito alla commissione di reati contro il  patrimonio. La Polizia di Stato di Perugia ha dato esecuzione ad un’ordinanza cautelare emessa dal Gip presso il  Tribunale di Perugia a carico di otto persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti in abitazione nella zona di Assisi e nelle  province di Arezzo e Siena. Gli indagati, 16 complessivamente, tutti già noti alle forze dell’ordine sempre per reati contro il patrimonio, sono uomini e donne italiani e stanziali nella zona di Assisi e Cannara. Un sodalizio, riconosciuto dall’Autorità Giudiziaria come una vera e propria associazione a delinquere, legati da  vincoli di parentela, con una struttura organizzativa ben delineata nei compiti, con basi logistiche ben definite e capace di avvicendarsi nei ruoli e fronteggiare situazioni di crisi avvalendosi dell’apporto di tutti membri. Un vero e proprio consorzio familiare che ha  saputo dotarsi nel tempo di un programma criminoso sempre più  affinato, destinato a proiettarsi nel tempo, a rimodularsi secondo le  necessità. Un sistema che da anni sul territorio ha seminato nel corso del tempo terrore e insicurezza tra gli abitanti delle zone del  circondario, specie quelle più isolate.In un anno i poliziotti sono riusciti  ad arrestare in flagranza di reato alcuni dei componenti della banda  subito dopo aver commesso il fatto, altre volte sono riusciti a  recuperare la refurtiva e restituirla ai legittimi proprietari derubati anche dei loro ricordi più cari. L’anima del gruppo le 6 donne. Senza scrupoli, scaltre e astute avevano  la più piccola di 22 anni la più  grande di 40. Alcune di loro erano specializzate  in scippi e furti in casa. Il metodo  era sempre lo stesso: aggiravano le padrone di casa, scelte appositamente sole e anziane, spacciandosi per venditrici di articoli  vari o bisognose dei servizi igienici. Tra le altre c’è chi si prestava a farsi intestare le autovetture, utilizzate per commettere i furti, chi trasportava la refurtiva fuori regione per essere piazzata e chi invece aveva il compito di custodire gli oggetti di valore dopo essere stati rubati e portati agli uomini  della banda. Un sistema costruito nei dettagli Alcuni degli uomini della banda riuscivano a portare avanti il loro  piano criminale anche se sottoposti a regime di restrizione delle  libertà personale. Il loro piano era ben strutturato e non ha  conosciuto battute d’arresto, se non durante il periodo del lock down. Spietati e pericolosi, a bordo di auto appositamente scelte di grossa  cilindrata affrontavano ed eventualmente reggevano inseguimenti e  tentativi di blocco da parte delle Forze dell’Ordine. Ed è stata  proprio in una di queste circostanze che una volante è stata  danneggiata perché i ladri in fuga dopo aver commesso un furto non si  sono fermati, forzando il blocco. In quell’occasione venne arrestato  l’unico rimasto all’interno dell’auto: il conducente ferito.  Le auto scoperte venivano cambiate  velocemente e venivano utilizzate anche targhe false. Lunghi e  articolati erano i sopralluoghi che effettuavano nella scelta delle  abitazioni su cui fare il colpo: tutte sufficientemente isolate, raggiungibili attraverso strade sterrate con scarsi sistemi di  sorveglianza e controllo delle abitudini dei proprietari. Nel corso dei colpi i telefoni venivano tenuti appositamente spenti per non dare indizi della loro presenza sul luogo dei furti. Il profilo altamente  professionale dell’organizzazione criminale è dimostrato anche dalla  individuazione di due vere e proprie basi logistiche, nella periferia  di Assisi, dove i componenti della banda si riunivano prima di  partire, prendendo le autovetture designate, distribuendosi gli  ‘arnesi” del lavoro, come aste, bastoni, piedi di porco, guanti e  altri indumenti per camuffarsi. Ruoli ben definiti Oltre a partecipare attivamente alla commissione dei furti, c’era chi, stando agli arresti domiciliari, forniva la propria abitazione come  base logistica agli esecutori materiali e vigilava sulle operazioni;  chi faceva da staffetta all’auto su cui viaggiavano i complici dopo  aver perpetrato i furti; chi aveva il compito invece di custodire le  autovetture utilizzate per la commissione dei furti, caricarvi e  scaricarvi gli attrezzi da scasso, lavarle e nel caso, grazie ad  un’officina nella zona industriale di Bastia Umbra, cambiarne anche  colore; chi infine faceva da vedetta nella fase di rientro dei veicoli in zona. Grazie ai servizi svolti dagli agenti di polizia, agli  arresti effettuati nel corso del tempo e alla refurtiva recuperata e  subito riconsegnata ai proprietari, è stato possibile per il pm che ha coordinato le indagini definire un impianto accusatorio importante e  contestare agli indagati il delitto di associazione per delinquere. 12 prendevano il reddito di cittadinanza Dalle indagini è emerso che 12 dei 16 indagati beneficiano del reddito di cittadinanza.
Redazione
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