giovedì, Aprile 25, 2024

“Facebook files”, Zuckerberg cerca di difendersi: “Gli attacchi sono uno sforzo coordinato contro l’azienda”

“Le critiche in buona fede ci aiutano a migliorare, ma la opinione è che stiamo assistendo ad uno sforzo coordinato di usare un modo selettivo dei documenti trapelati per dipingere una falsa immagine della nostra azienda”: lo ha dichiarato il Ceo di Facebook, Mark Zuckerbeg, commentando l’ultima ondata di “Facebook files”. “La verità è che abbiano una cultura aperta che incoraggia la discussione e la ricerca sul nostro lavoro in modo da poter fare progressi su molte complesse questioni che non sono specifiche solo della nostra compagnia”, ha concluso Zuckerberg. I documenti testimoniano alcune delle più importanti difficoltà cui deve far fronte Facebook, fra cui la battaglia per regolare le disinformazioni e l’incitamento all’odio o l’utilizzo della piattaforma social da parte dei trafficanti di esseri umani. Malgrado le polemiche i risultati della trimestrale si sono rivelati tutto sommato positivi: ad un lieve calo dei ricavi rispetto alla stima prevista (comunque oltre i 29 miliardi di dollari) ha risposto un aumento degli utenti sia su base giornaliera che settimanale. I Facebook Files Segnalazioni inascoltate, allarmi ignorati, appelli all’azione caduti nel vuoto, ma anche interferenze dei manager per spianare la strada a politici e vip. I Facebook papers aprono probabilmente la crisi peggiore di sempre per il social di Zuckerberg che, dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, pensava o quantomeno sperava di aver superato il test maggiore. Nonostante il colpo alla reputazione, i conti del colosso tengono: nel terzo trimestre l’utile è salito del 17% a 9,1 miliardi di dollari, su ricavi in aumento del 35% a 29,01 miliardi. Passate al setaccio da 17 media americani, le 10.000 pagine di documenti interni alla società consegnati alla Sec (Securities and Exchange Commission) offrono uno spaccato di una Facebook dove – come denunciato dall’ex dipendente talpa Frances Hughues – i profitti e la crescita sono favoriti rispetto a tutto il resto, anche alla sicurezza degli amici. Proprio per non pesare sui conti Zuckerberg, campione dalla libertà di espressione negli Stati Uniti, si è piegato alla richiesta del partito comunista vietnamita di censurare i post anti-governativi. Non farlo avrebbe esposto Facebook al rischio di finire offline nel paese dove, secondo alcune stime, realizza un miliardo di ricavi l’anno. Sempre su Zuckerberg ricadrebbe la responsabilità di diverse decisioni sui post su politici e celebrità. I documenti rivelano interferenze dei manager per consentire ai vip di postare qualsiasi cosa a prescindere da eventuali violazioni delle regole. “In molti casi la decisione sul mancato rispetto delle norme” da parte di persone di alto profilo “è stata presa da manager e in alcuni casi da Zuckerberg”, ha denunciato un dipendente. Accuse pesanti per il 37enne amministratore delegato e fondatore di Facebook, un gigante controllato da Zuckerberg che è anche presidente del consiglio di amministrazione oltre a detenere il 58% delle azioni con diritto di voto, con le quali il suo potere è praticamente senza limiti nella società ma anche di fronte al board. Una posizione quindi di estrema forza che lo espone ora a dure polemiche. “Invece di cambiare nome, Facebook dovrebbe cambiare amministratore delegato”, affermano alcuni critici riferendosi all’atteso cambio della denominazione e del logo del social per riflettere meglio il Metaverso. Oltre a gettare un’ombra su Zuckerberg direttamente, i documenti sollevano dubbi sul ruolo di Facebook nella disinformazione sulle elezioni e l’attacco del 6 gennaio, con l’incapacità di agire sul movimento ‘Stop the steal’ dei fan di Donald Trump. Ricerche interne a Facebook hanno mostrato la consapevolezza dei manager della società sui problemi legati ai discorsi d’odio e alla disinformazione, alla quale – rivelano i file – contribuiscono proprio i prodotti creati da Facebook e le sue politiche. La lotta alla cattiva o falsa informazione – hanno denunciato ancora i dipendenti – è minata dalle considerazioni politiche. il problema dei discorsi di incitamento all’odio non riguarda comunque solo gli Usa ma si spinge ben oltre i suoi confini fino ad arrivare all’India e all’Etiopia. La fotografia scattata dai documenti – che includono anche segnalazioni sul traffico di esseri umani – mostra un Facebook in qualche modo spietata che rischia di attirarsi ancora di più i malumori e le critiche delle autorità di tutto il mondo. A Wall Street comunque Facebook qualche ‘amico’ ancora lo ha e nonostante ricavi sotto le attese nel terzo trimestre sale dell’1,26%.
Redazione
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