martedì, Aprile 23, 2024

Covid, all’ospedale Cattinara di Trieste terapia intensive piene a 90%

Con un’impennata vertiginosa di contagi Covid, a Trieste “stiamo tornando ai periodi più bui della pandemia, reparti al limite, spostamento di risorse, doppi turni. E con l’amarezza di assistere all’atteggiamento scellerato di chi non si vaccina credendo alla fantascienza”. Lo dice al Corriere della Sera Umberto Lucangelo, primario della Terapia intensiva dell’ospedale Cattinara di Trieste. “Succede – spiega – che la crescita veloce e importante dei casi si sta riversando sui reparti mettendoci in difficoltà. Abbiamo la terapia semi intensiva piena, gente in pronto soccorso in attesa di essere collocata e l’intensiva con 11 posti occupati. Se si superano i 18 bisogna ridurre gli interventi programmati. Siamo tornati allo schieramento di forze della seconda ondata con l’aggravante che non c’è il lockdown perché la città lavora, la vita scorre com’ è giusto che sia e la gente si fa male, ci sono gli infarti, gli ictus, gli incidenti…”. I nuovi pazienti Covid, afferma il medico, “hanno un’età media di 60 anni ma ce ne sono anche di 30. Il 90% non ha fatto il vaccino, naturalmente fra di loro c’è anche chi non poteva farlo. Esiste un sistema di tracciamento e nessun paziente ha riferito di aver partecipato alla Barcolana. Sono comunque visibili a tutti le differenze: i manifestanti sfilavano a migliaia cantando e ballando senza mascherine uno accanto all’altro. Fra i pazienti no vax – aggiunge – alcuni si pentono. Mi è capitato di assistere a scene emblematiche, come una videochiamata ai figli di un paziente appena estubato: diceva che il Covid è una cosa seria e consigliava il vaccino. Altri sono invece negazionisti irriducibili ed escono dal reparto ancora convinti che il Covid non esista. C’è chi dice che noi iniettiamo dei microchip e che siamo tutti pagati da big pharma. È gente che sta mettendo un peso enorme sulla nostra società”. Un altro fattore di rischio può essere la vicina Slovenia, secondo Lucangelo: “Trieste ha un’importante attività transfrontaliera con Paesi a basso tasso di vaccinazione come la Slovenia. E infatti alcuni di questi si trovano in una situazione difficile. Così come è difficile rispondere al perché nel capoluogo ci si vaccina meno che nel resto d’Italia: forse c’è una quota di triestini convinta di essere meno vulnerabile per il fatto che conduce una vita sportiva e salutistica. Da noi esiste un po’ la credenza mitica dell’invincibilità. Io ho fatto anche la terza dose perché credo nella scienza e non nello sciamanesimo di quattro scalmanati. La situazione peggiorerà. Siamo come surfisti sulla cresta di una grande onda inseguita dagli squali. Bisogna stare attentissimi all’equilibrio perché se cadiamo si fa dura”.
Redazione
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