giovedì, Aprile 18, 2024

Birmania: il premio Nobel Aung San Suu Kyi è stata condannata a 4 anni di carcere

Aung San Suu Kyi è stata condannata a 4 anni di carcere per istigazione al dissenso e violazione delle norme sul Covid previste nel quadro di una legge di calamità naturale. Il verdetto è il primo di una serie che potrebbe costarle il carcere a vita, sottolinea la Bbc. La Premio Nobel per la pace ha confutato tutte le accuse racchiuse negli undici capi di imputazione a suo carico.
Il suo impegno politico ebbe inizio nel 1988, quando ritornò in Birmania dopo molti anni trascorsi all’estero. Quell’anno fu uno dei fondatori e primo segretario generale della Lega Nazionale per la Democrazia (LND), partito di opposizione alle dittature militari che hanno caratterizzato la storia birmana a partire dal 1962, e nel 1989 fu posta per la prima volta agli arresti domiciliari dalla giunta militare. Era ancora agli arresti quando l’anno dopo l’LND trionfò alle elezioni conquistando l’81% dei seggi, ma i militari rifiutarono di cedere il potere e annullarono le elezioni. Nel 2003 scampò all’agguato nel quale persero la vita circa 70 sostenitori dell’LND. Trascorse quasi 15 anni in carcere o agli arresti domiciliari tra il 1989 e il 2010, anno in cui fu definitivamente liberata.
Con il suo partito vinse con ampio margine le elezioni suppletive del 2012 e soprattutto quelle del novembre 2015, considerate le prime consultazioni libere tenutesi nel Paese dal 1962. Nel marzo 2016 le furono affidati diversi Ministeri e in aprile fu nominata Consigliere di Stato, una delle cariche politiche più importanti in Birmania. Pur rimanendo molto popolare in Birmania, è stata in seguito molto criticata a livello internazionale per la sua politica di governo, incapace di fermare la dura repressione dell’esercito nei confronti di alcune minoranze, in particolare quella dei Rohingya. Tra le accuse mosse nei suoi confronti vi fu quella di aver avallato i massacri commessi dai militari rifiutandosi di ammettere che fossero da considerare un genocidio.Rimase in carica fino al colpo di Stato militare del 1º febbraio 2021, che ne ha provocato la destituzione e l’arresto
Redazione
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