sabato, Aprile 20, 2024

La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per Walter Biot per la vicenda di spionaggio a favore della Russia

La Procura ordinaria di Roma e quella militare hanno chiesto il rinvio a giudizio per Walter Biot, l’ufficiale della Marina arrestato il 30 marzo dello scorso anno per spionaggio con l’accusa di avere ceduto ad un funzionario dell’ambasciata russa documenti classificati. Nei suoi confronti la procura ordinaria contesta i reati di spionaggio, rivelazione di segreto di Stato e corruzione. I pm militari contestano all’ufficiale i reati di “procacciamento di notizie segrete a scopo di spionaggio”, “procacciamento e rivelazione di notizie di carattere riservato”, “esecuzione di fotografie a scopo di spionaggio” e “comunicazione all’estero di notizie non segrete né riservate”. Biot è attualmente detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.
Le accuse
La corruzione gli è contestata in quanto rivestiva un ruolo di pubblico ufficiale quando ha ottenuto denaro (5 mila euro) in cambio di notizie riservate. I due procedimenti, ordinario e militare, si sono sviluppati in parallelo in quanto vengono contestati reati diversi. Secondo la procura ordinaria Biot può finire sotto processo per essersi procurato “a scopo di spionaggio politico notizie – è detto nel capo di imputazione – che, nell’interesse della sicurezza dello Stato, o comunque nell’interesse politico, interno o internazionale dello Stato, dovevano rimanere segrete e rivelava queste notizie” ad un funzionario russo. In particolare “avendo accesso, per il ruolo ricoperto e le funzioni svolte, a tutta la documentazione classificata e non, relativa alle missioni internazionali a cui partecipava l’Italia, agli schieramenti dei reparti e alle linee strategiche di condotta della Repubblica rispetto alle singole aree di intervento” effettuava “con uno smartphone dedicato rilievi fotografici di documentazioni riservate nella sua disponibilità, per motivi del suo ufficio, e consegnava, dietro corrispettivo di denaro, segnatamente la somma di 5mila euro la relativa scheda SD contenenti tali immagini”.
Redazione
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