giovedì, Marzo 28, 2024

Roma, colpo di scena sul delitto Cesaroni: intercettazione inedita potrebbe portare al killer

Da un’intercettazione inedita, che risale al 30 marzo del 2008, si evincerebbe che più di una persona tra il pomeriggio e la sera del 7 agosto 1990 sapeva che Simonetta Cesaroni era morta, ancor prima che il cadavere venisse scoperto. È quanto si legge nella relazione finale sulle “risultanze sull’attività di indagine ed acquisizione documentale per il delitto al civico 2 di via Carlo Poma del 7 agosto 1990 e sulle possibili interferenze con il corso delle indagini” a seguito della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere e proposta dalla deputata M5S Stefania Ascari. Il documento è stato approvato nelle sedute del 7 e del 13 settembre scorso e trasmesso ai magistrati della Capitale che indagano sull’omicidio avvenuto nella sede Associazione Italiana Alberghi della Gioventù (Aiag). Ad essere intercettati sono la moglie di Mario Macinati, e l’assistente dell’avvocato Francesco Carracciolo di Sarno, presidente regionale degli Ostelli e datore di lavoro di Simonetta, che avrebbe detto al figlio Giuseppe: “Nell’ufficio degli Ostelli c’è una persona deceduta”. La donna dice anche di aver ricevuto qual giorno “più telefonate” da un uomo che diceva di chiamare “dagli ostelli”, chiedendo di mettersi in contatto con Carracciolo e poi parla di “una persona deceduta”. La ventenne è stata trovata morta con ventinove coltellate in un appartamento adibito ufficio dall’associazione Italiana Alberghi della Gioventù, al terzo piano di un palazzo poco distante da Piazza Mazzini, dove quel giorno era andata a lavorare come segretaria contabile. Nella relazione si legge anche che il portiere dello stabile di via Poma, Pietro Vanacore, “scoprì il cadavere” di Simonetta Cesaroni “ore prima dell’ufficiale ritrovamento del corpo” e che vi fu un’attività “post delictum, intesa ad occultare il fatto omicidiario o quantomeno a differirne la scoperta, oppure persino ad attuare un qualche proposito di spostamento della salma dal luogo in cui fu poi rinvenuta”.
Da ricalcolare per la Commissione l’orario esatto in cui Simonetta è stata uccisa, che potrebbe restringere il campo attorno all’assassino. L’autopsia ha collocato il decesso tra le ore 17.30 e le 18.30. L’attenzione ricade su due gruppi di telefonate: quelle fatte da Vanacore anche a Tarano e quelle riconducibili ai dialoghi tra Simonetta, Baldi e Luigia Berrettini tra loro. La chiamata tra Simonetta e la collega Berrettini risale alle ore 17.30, mentre alle 18.30 Simonetta avrebbe dovuto chiamare il datore di lavoro per aggiornarlo sulla chiusura. Una chiamata che però non c’è mai stata.
Le ipotesi sull’assassino
Nella relazione si legge ancora che “resta ragionevole credere che l’omicida fu una persona che aveva un livello notevole di dimistichezza con lo stabile, se non proprio con l’appartamento” dunque qualcuno che conosceva bene il luogo in cui quel giorno d’estate Simonetta si trovava. Una persona che “poteva contare su un rapporto di confidenza con la vittima o almeno di non indurla in sospetto o allarme”. L’assassino di Simonetta avrebbe il gruppo sanguigno A, al quale corrispondono le macchie trovate su interno, esterno e maniglia della porta della stanza in cui è stato trovato il cadavere. Un dettaglio che portò all’assoluzione di Raniero Busco, il fidanzato di Simonetta. L’ipotesi è che chi l’ha uccisa si sia ferito, mentre lei si ribellava.
L’Antimafia, in merito ad una riapertura delle indagini, ha presentato agli inquirenti vari spunti tra i quali il legame tra il furto al caveau del Tribunale di Roma avvenuto nel luglio del 1999 al quale ha preso parte anche l’ex Nar Massimo Carminati e il ruolo avuto da Carracciolo del delitto di via Poma, ora deceduto. Chi ha messo in atto il colpo dunque avrebbe avuto interesse a mettere mano sui documenti riservati in esso contenuti, una delle cassette prese di mira infatti apparteneva proprio al datore di lavoro di Simonetta. “Delle 900 cassette di sicurezza presenti nel caveau della banca ne vennero aperte soltanto 147, a riprova dell’interesse non tanto per i valori contenuti, ma per i documenti ivi conservati. Una delle cassette il cui contenuto fu sottratto era intestata proprio a Francesco Caracciolo di Sarno”, ora deceduto ma all’epoca dei fatti presidente regionale degli Ostelli della Gioventù. Che tra i 147 soggetti “che furono oggetto mirato del furto del caveau a Piazzale Clodio, vi fosse, quale titolare di una cassetta di sicurezza, proprio Francesco Caracciolo di Sarno, è un fatto che, se da un lato rende utile tentare di accertare quale fosse il contenuto sottratto da Carminati, dall’altro, induce a ritenere che Caracciolo di Sarno avesse un ruolo di potere ed una riserva di influenza tutt’altro che trascurabili quando, nel 1990, fu perpetrato il tragico delitto di Simonetta Cesaroni”.
I punti oscuri
Fanpage riporta anche che Commissione nella relazione ha riportato anche i punti dell’omicidio di Simonetta Cesaroni evidenziati dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma nell’aprile del 2012 e che rimangono ancora oggi oscuri. Primo, la resistenza della portiera Giuseppa De Luca nel consegnare le chiavi dell’appartamento di via Poma alla Polizia nella tarda serata del 7 agosto, quando Simonetta è stata uccisa; il fatto che la portiera avesse le chiavi con il nastrino giallo, in dotazione al personale degli ‘Ostelli, la riconsegna dell’agenda rossa insieme agli effetti personali di Simonetta, ma appartenente a Vanacore, il quale ha sempre dichiarato di non essere entrato nell’appartamento in cui c’era il cadavere di Simonetta prima del ritrovamento; le telefonate a Mario Macinati, che dimostrano come qualcuno cercò di mettersi in contatto con Francesco Carracciolo di Sarno, i divari di luoghi e orari per Vanacore anche tra le 22.30 e le 23; il fatto che il telefono del datore di lavoro Salvatore Volponi è stato occupato tra le ore 20.30 e le 21.
Redazione
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