venerdì, Aprile 19, 2024

Roma, confermato l’arresto per Costantino Bonaiuti: l’uomo che ha ucciso l’avvocato Martina Scialdone

Sul femminicidio dell’avvocatessa Martina Scialdone, avvenuto a Roma davanti al ristorante “Brado”, sono tanti i punti oscuri sui quali gli inquirenti stanno indagando. Innanzitutto, le chiamate al 112 partite dal locale dove la 35enne e l’ex compagno 61enne e ingegnere dell’Enav, Costantino Bonaiuti, hanno litigato furiosamente prima che lui la uccidesse. Poi le condizioni di salute dell’indagato. Domenica, il suo avvocato Domenico Pirozzi lo ha incontrato in carcere e ha saputo dall’uomo che non è affetto da alcun tumore, come invece risultava dalle testimonianze dei suoi colleghi dell’Ente nazionale per l’assistenza al volo, dove risulta inserito tra i dipendenti fragili. Intanto, il gip ha convalidato l’arresto dell’uomo, che durante l’interrogatorio si è avvalso della facoltà di non rispondere. Bonaiuti è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai futili motivi e dall’aver agito contro una persona alla quale era legato da una relazione affettiva. Difesa Bonaiuti: era in cura per difficoltà psicologiche “Le difficoltà psicologiche e psichiatriche del mio assisto sono certificate. Era seguito da un centro per una forma depressiva ma non è questa patologia che ha dato luogo all’evento perché era assolutamente controllata. Lui ha avuto sempre un rapporto cordiale con questa persona, tanto è vero ci sono state mai denunce o querele”. Lo afferma l’avvocato Fabio Taglialatela, difensore di Costantino Bonaiuti. “Se tutti avessero fatto il loro dovere, Martina sarebbe viva” “Se tutti avessero fatto il loro lavoro, il loro compito di cittadini, questa ragazza sarebbe ancora viva. La ragazza pare abbia chiesto aiuto: nessuno ha modo di riscontrare questa richiesta di aiuto, ma questo lo appureremo. In questa vicenda ci sono due vittime”, afferma ancora l’avvocato. Al ristorante si trovavano circa 80 persone La Squadra mobile interrogherà i proprietari e il personale di servizio del ristorante e la dottoressa che è intervenuta per soccorrere Martina sul marciapiede dopo lo sparo. Potrebbero essere sentite anche le circa 80 persone che stavano cenando al “Brado” mentre l’avvocatessa e Bonaiuti litigavano furiosamente. Soprattutto i clienti che, con i camerieri, avevano provato a calmare gli animi. Secondo quanto raccontato da chi era presente, l’uomo avrebbe iniziato a sbattere i pugni sulla porta del bagno, dove la donna si era rifugiata, insultandola con veemenza. I ristoratori avrebbero anche riferito alla loro avvocatessa Francesca Palazzesi, che la prima telefonata al 112, sarebbe stata fatta dal “Brado” mentre la lite era in corso. Ma se fosse così – ci si chiede – perché nessuna pattuglia si è recato sul posto prima che il 61enne uccidesse l’avvocatessa? Saranno analizzate le telecamere interne ed esterne al ristorante Altre chiamate sono state fatte al numero di emergenza subito dopo lo sparo che ha ucciso la 35enne. Oltre a ricostruire tutte le chiamate con i relativi orari, bisognerà ora rimettere insieme tutte le fasi della serata, dalla lite al locale, degenerata in bagno, all’allontanamento della coppia fino alla tragedia. Fondamentale sarà l’analisi delle telecamere interne ed esterne al ristorante. Si poteva fare di più per salvare Martina? Si poteva fare di più per salvare Martina? È quello che ci si domanda in queste ore. I proprietari del “Brado” si sono difesi dalle accuse piovute da più parti. “Sono usciti insieme, noi però non abbiamo cacciato nessuno, anzi abbiamo chiesto alla ragazza se avesse bisogno di aiuto e lei ci ha detto che era tutto a posto”. Per il momento vengono esclusi provvedimenti di natura penale nei confronti dei titolari del locale, ma non quelli amministrativi. Ciò che sembra certo è che l’avvocatessa, dal comportamento tenuto, temesse per la sua vita. Non è da escludere che si fosse accorta della pistola che l’ex teneva sotto la giacca e che non ne avesse parlato con nessuno per non allarmare e mettere in pericolo tutte le persone presenti al ristorante. Il giallo sul tumore di Bonaiuti Dopo le parole dell’avvocato di Bonaiuti, che ha detto di aver appreso dallo stesso indagato che non è affetto da alcun tumore – contrariamente a quanto saputo e testimoniato dai colleghi dell’uomo (“Ce l’ha raccontato per tre anni”) – secondo quanto riporta il “Corriere della Sera”, potrebbe scattare un’indagine interna per capire se Bonaiuti abbia presentato certificati medici e di che tipo, chi li abbia rilasciati e se fosse davvero in cura presso qualche struttura sanitaria.
Redazione
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