martedì, Aprile 23, 2024

Tempo di congresso in casa del Partito Democratico

Gli aspiranti al ruolo di Segretario nazionale sono Paola De Micheli, Stefano Bonaccini,

Elly Schlein (si pronuncia Shlàin), Gianni Cuperlo. Da Ladispoli, in punta di penna, Carla Zironi

 

Tempo di Congresso. Si profilano mozioni e primarie e il PD si fa in quattro, ovvero il numero degli aspiranti al ruolo di Segretario nazionale. Che sono, in ordine cronologico sulla base della discesa nell’arena delle candidature, Paola De Micheli, Stefano Bonaccini, Elly Schlein (si pronuncia Shlàin), Gianni Cuperlo. Stavolta l’Emilia, regione rossa e progressista a memoria d’uomo, è in primo piano sulla scena della tornata con due esponenti doc – De Micheli, Bonaccini – una di passaggio Schlein – Cuperlo invece dalla bella e ventosa Trieste. L’Emilia, quasi una terra promessa già dal novecento, che vanta con Bologna e provincie il vertice della classifica per la qualità della vita, che tiene botta ad ogni elezione anche quando i dem fanno i conti col segno meno nazionale e dove l’Agorà del PD è una tradizione consolidata, partecipata e aperta a tutti oltre i confini regionali grazie alla rete internet. E lo dico per esperienza. Il Segretario uscente Enrico Letta aveva esortato il partito ad usare questo strumento utile al dibattito sull’attualità ma anche per interfacciarsi con le diverse realtà associative. Non si ha notizia di quanti abbiano messo in pratica l’esortazione. In pillole, vediamo come si propongono i quattro candidati: Paola De Micheli ha precorso i tempi con un libro/manifesto dal titolo “Concretamente prima le persone” da discutere con la platea dei Circoli PD in un gran tour per l’intera Penisola. Ed è lì, è tra gli iscritti che nascono i suoi comitati che si allargano agli eletti nelle Amministrazioni locali. Non ha sponsor o padrini in questa sua impresa; allergica alle correnti “balla da sola” parafrasando il famoso film di Bernardo Bertolucci. De Micheli, nata a Piacenza, deputata al Parlamento ed ex Ministro per le Infrastrutture e i Trasporti nel Governo Conte bis, si autodefinisce “Sindacalista degli iscritti” rivendicando una maggiore partecipazione della base alle scelte di un partito strutturato come il PD e utilizzando tutti gli strumenti possibili. Scelte troppo spesso calate dall’alto. Una rilettura in chiave moderna del “centralismo democratico” che funzionava con soddisfazione dei tesserati ai tempi del PCI? Magari adottando una “Bussola” permanente come il recente questionario delle idee per il Congresso? Dirigente d’azienda, punta l’indice sulla complessità del mondo del lavoro, non solo dipendente, con una corsia per le partite IVA, le dinamiche legate alle trasformazioni in ambito tecnologico, i salari, i tempi che andrebbero ridotti e ovviamente una posizione chiara e consapevole sull’universo del lavoro da parte di un PD rigenerato. Stefano Bonaccini, Presidente della Regione Emilia Romagna, ex segretario dem regionale, stando ai sondaggi è il favorito al toto segretario nazionale. La sua volontà di prendere il timone del PD è stata accolta con favore e sostegno soprattutto dai dem eletti nei vari livelli del tessuto degli Enti locali. Con pragmatismo e senso critico, con la parola d’ordine “Energia popolare” promette il rilancio di un PD scremato dalla schiavitù delle correnti che ahinoi ci sono ma si possono ridimensionare, e che deve riconquistare qualcosa come seimilioni di elettori. “Energia” per il lavoro, la sanità, la scuola, l’innovazione, l’ambiente e non ultimo battersi per una nuova legge elettorale che permetta la candidatura di persone selezionate dagli elettori e quindi legate al territorio e non più scelte nelle stanze delle segreterie col famoso e sempiterno manuale Cencelli. “Un nuovo protagonismo”, magari sul modello emiliano, senza sconti al Governo Meloni ma nemmeno barricate se fa cose giuste. Le radici? Circola in rete una sua foto estiva del 1990: “l’Italia ospitava i Mondiali di Notti Magiche e alla Festa dell’Unità di Modena si lavorava sodo”. Elly Schlein, nazionalità triplice: USA, Svizzera, Italia, residenza a Bologna. Per candidarsi si è ritesserata al PD che aveva abbandonato fondando con Pippo Civati, dopo la scissione, una formazione battezzata “Possibile” per poi uscirne. La candidatura ha l’appoggio di esponenti dell’establishment del calibro di tre ex ministri: Dario Franceschini, Andrea Orlando, Francesco Boccia, nonché di quadri intermedi e funzionari impiegati nel PD. Parola d’ordine “Parte da noi”, il cambiamento per mettere in ordine il campo democratico dopo la batosta del 25 settembre. Punti chiave del programma: lotta alle diseguaglianze, welfare, diritti civili, no al liberismo. Qualcuno nella galassia dell’estrema sinistra ha scoccato una frecciata definendola “radical freak”al posto dell’etichetta nota come “radical chic”. Sta di fatto che Schlein è una ex eurodeputata e oggi siede in Parlamento sempre grazie alle liste PD. Il curriculum annovera anche la carica di ex vice Presidente della Regione Emilia Romagna dove con una lista civica ha ottenuto il 3% dei consensi alle ultime elezioni amministrative. Gianni Cuperlo, triestino, deputato e membro della Direzione nazionale PD. Un soffio di bora che non raggela ma anzi che stimola al ragionamento. In epoca di influencers digitali Cuperlo è forse l’ultimo intellettuale organico capace di ricondurre sul filo della logica un partito disorientato ma con la voglia di prospettiva. Un politico che viene da lontano formatosi nelle fila della FGCI, la “leggendaria” fucina di giovani cervelli nel partito che fu di Berlinguer. Si candida a Segretario per la seconda volta, la prima fu all’epoca di Matteo Renzi, vincitore, e in quel mandato si distinse nel ruolo spesso ingrato di coscienza critica in ordine a comportamenti e scelte politiche del “rottamatore”. “Promessa democratica” è la piattaforma di Cuperlo che dichiara: “Vorrei che il tempo della scalata al vertice finalizzata al traguardo di Palazzo Chigi fosse per sempre archiviato e che chiunque avrà la responsabilità di rifondare questo nostro progetto vi si dedicasse con l’impegno che merita. Non ha vinto una destra liberale. Ha vinto la destra sociale, cioè la tradizione che più a lungo è rimasta confinata nei sottoscala della Repubblica. Il punto è che una destra sociale non si sconfigge contrapponendo solamente una sinistra delle libertà, delle opportunità, dei meriti, Non basta perché quella destra si rivolge direttamente al nostro mondo e in assenza di una alternativa ne recluta una parte”. In conclusione, un nuovo protagonismo del PD potrebbe creare seri grattacapi a chi politicamente lucra “sulle disgrazie del PD”. I quattro candidati sono comunque una risorsa e proviamo ad inquadrarli: De Micheli, organizzazione e partecipazione attiva della base; Bonaccini, esperienza e cultura del fare; Cuperlo, la strategia politica; Schlein, nel linguaggio politico è la classica “variabile”, col taglio movimentista. Li accomuna l’attenzione alla transizione ecologica con tutte le sue implicazioni, ma non si può dare torto a chi dalla carta stampata allerta: ”se le posizioni sulla politica estera o sulla giustizia o su scelte anti sistema in politica economica e industriale dovessero virare verso l’antiatlantismo, l’anticapitalismo, il giustizialismo, allora altro che nuovo PD, sarebbe addio PD”.

Carla Zironi

Redazione
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