martedì, Aprile 23, 2024

Imprenditoria al femminile: in Italia una donna su tre è bloccata dalla paura di fallire

In un Paese in cui le aziende femminili rappresentano il 22,18% sul totale dell’imprenditoria – rispetto, dati Unioncamere, ad una media Ue del 32% – le italiane che cercano di intraprendere una carriera in proprio soffrono, rispetto alle colleghe europee, di un maggior timore di fallimento. A frenare la crescita occupazionale autonoma pesa, poi, il fattore burocratico, percepito come un ostacolo di non poco conto. È quanto emerge dallo studio promosso dall’Osservatorio Women in Business che fotografa una situazione in cui, se le imprenditrici italiane desiderose di aprire un’attività sono spinte dal desiderio di fare impresa (20,5%) e dalla possibilità di essere creative (21%), quelle delle altre nazioni sono motivate, principalmente, dalla voglia di autonomia professionale (54,5% in Francia) e personale (work-life balance al 37,7% in UK). Il tema della gestione “vita privata vs lavoro” è tra i tasti più dolenti dato che, per il 21,9% delle imprenditrici, è vissuto come un importante carico di fatica da aggiungere a quello lavorativo. La formazione e il background culturale, a loro volta, pesano sulla paura fallimento: una percezione aumentata dalla paura di essere, per il 56%, stritolate dalla burocrazia. I fattori, uniti tra loro, si traducono in un “gettare la spugna” più anticipato rispetto al resto d’Europa. Dall’analisi condotta emerge tra le imprenditrici italiane “un mindset non positivo, oltre a un evidente senso di inadeguatezza”. Anche se solo il 13,5% delle imprenditrici indica stereotipi e pregiudizi di genere come un ostacolo alla propria affermazione, è necessario un cambio di consapevolezza nelle donne perché abbiano maggiore fiducia in loro stesse: nel 35,7% dei casi ammettono infatti di essere frenate dal timore di fallire e oltre 4 donne su 10 percepiscono di avere più difficoltà a far crescere un’impresa rispetto agli uomini. In Francia la stessa visione viene condivisa solo dal 18% delle donne; dal 29,4% e dal 29,5% rispettivamente dalle tedesche e dalle inglesi. Ma il cambio di mentalità potrebbe già essere in corso dato che il 38% delle imprenditrici tende ad avere una forza lavoro composta tra il 75 e il 100% da donne, con l’obiettivo di contribuire all’empowerment femminile. Si tratta di una tendenza presente in tutte le nazioni ed è più evidente in Germania, dove la personalità è l’elemento principale per l’82% degli imprenditori e delle imprenditrici intervistati. In Italia, nel 61% dei casi si ritiene rilevante il carattere, l’esperienza nel 55% e le qualifiche solo nel 27%. Quando ad assumere sono le donne, la rilevanza della personalità sale al 64%. Ma, secondo l’indagine, le imprenditrici italiane mostrano di avere obiettivi molto chiari: tra le priorità hanno la ricerca del work life balance (47,5%) e l’espansione della propria attività nel 44,8% dei casi, rispetto ad esempio al 20,1% delle inglesi. Obiettivi resi perseguibili in maniera particolare dalla tecnologia: secondo Unioncamere sono state 2mila le startup innovative femminili registrate a fine settembre 2022, con una crescita del 40% rispetto allo scorso biennio. “C’è una grande potenzialità del femminile nel business e in Italia è ancora in parte inespressa”, commenta Umberto Zola, dall’Osservatorio Women in Business. “I dati ci dimostrano che bisogna lavorare su due fronti. Da un lato burocratico e legislativo, per supportare l’imprenditoria al femminile con progetti dedicati. Dall’altro, sociale: sono ancora troppe le donne che si scontrano con pregiudizi e micro-disuguaglianze”.
Redazione
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