giovedì, Maggio 2, 2024

ROMA, OPERAZIONE “ANTICA TRADIZIONE”: ARRESTI PER USURA, ESTORSIONE E INTESTAZIONE FITTIZIA DI BENI

Il provvedimento è frutto di indagini su una rilevantissima operazione di cambio valuta lire/euro ad alto rischio di riciclaggio che si sarebbe dovuta perfezionare verso la fine del 2011, poi realizzatasi solo in parte. In totale sono sedici gli indagati nell’operazione denominata “Antica Tradizione”, tutti ritenuti responsabili a vario titolo dei reati di usura, estorsione e intestazione fittizia di beni. Le perquisizioni sono state effettuate nelle province di Roma, Varese e Sassari, e sono state seguite dal sequestro preventivo di immobili, automezzi e conti correnti per un valore di oltre un milione di euro. Dallo sviluppo degli elementi investigativi è emerso il ruolo di due soggetti, padre e figlio, entrambi arrestati nel corso dell’operazione odierna, i cui profili si sono subito rivelati interessanti, poiché gli stessi erano in stretti rapporti con soggetti di spicco della criminalità romana. I reati contestati nell’ordinanza eseguita oggi sono frutto della costituzione di un radicato sistema di concessione di prestiti di denaro a tassi di interesse usurari nella Capitale. Sfruttando l’onda lunga della crisi che ha colpito i mercati a seguito della bolla speculativa immobiliare nel 2008, padre e figlio sono divenuti punto di riferimento per alcuni imprenditori in difficoltà finanziaria per elargire crediti e prestiti facili, pretendendo un tasso di interesse mensile pari al 10%. Per gestire i loro affari illeciti, i due principali indagati si sono avvalsi anche della collaborazione di altri soggetti residenti nella capitale, tutti arrestati nel corso dell’operazione odierna, tra i quali un appartenente alle Forze dell’ordine già coinvolto in passato in vicende giudiziarie, che operavano come “riscossori” per conto loro, spesso ricorrendo a minacce per convincere i debitori a pagare i debiti usurati. Purtroppo non è mancato il ricorso alla coazione fisica: in un caso la vittima usurata, che aveva oggettive difficoltà a reperire il denaro per pagare la rata del credito concesso illecitamente, è stata condotta con la forza in un’autorimessa dove è stata pesantemente minacciata di “conseguenze peggiori” se non avesse adempiuto al pagamento, con la promessa che, in caso contrario sarebbero ricorsi a non meglio specificate “amicizie mafiose”. Gli approfondimenti investigativi, operati tramite intercettazioni e analisi patrimoniali, hanno evidenziato che i componenti del nucleo familiare conducono un elevato tenore di vita e sono proprietari, anche per il tramite di beni formalmente intestati a prestanome, di un patrimonio immobiliare e mobiliare di valore stimato per oltre un milione di euro, notevolmente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati al fisco.

Redazione
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