giovedì, Marzo 28, 2024

Paola Carrieri, criminalista e balistico in carriera in un mondo al maschile

di Alessandro Ceccarelli

C’era un tempo in cui alcune professioni o lavori erano off limits per le donne. Oggi le cose vanno lentamente cambiando, anche se specialmente in Italia c’è ancora molto da fare. Il nostro è ancora un Paese in larga parte maschilista e sessista. Per fortuna ci sono alcune donne che contribuiscono in maniera determinante a sfatare o meglio ad eliminare pregiudizi e retropensieri ottocenteschi. Una di queste è senza dubbio è la dottoressa Paola Corsignano Carrieri che svolge una professione molto particolare. Di formazione accademica Giuridica e specialistica in Balistica Forense, è balistico puro iscritto all’albo dei CTU del Tribunale di Bari nonché alla CCIAA al ruolo di periti ed eserti. Ha conseguito la qualifica di Esperto in balistica e scena del crimine presso scuole di specializzazione ad hoc. Nella sua vasta esperienza, nonostante la giovane età, annovera incarichi da CTU conferiti da uffici giudiziari dei Tribunali, da CTP; ed è, altresì, ausiliario di Polizia Giudiziaria. Consulente tecnico balistico per medici legali, essendo presente anche in sede autoptica. Annovera collaborazioni professionali (interviste) per emittenti televisive e radiofoniche. Paola Carrieri è docente per la balistica pura e la criminalistica presso scuole di specializzazione e master. Collabora con il Centro di Balistica forense dell’Università degli Studi di Bari per indagini tecniche e scientifiche. E’, inoltre, titolare dello studio di balistica forense Carrieri operativo sul territorio pugliese e non. Autrice di lavori scientifici in corso di pubblicazione in riviste internazionali. Lo scorso 24 novembre, in team di gruppo di studio ha presentato le Linee Guida per la balistica dinanzi al Gruppo Italiano Patologi Forensi. Abbiamo raggiunto telefonicamente Paola Corsignano Carrieri uno di questi afosi pomeriggi di fine luglio per conversare con lei e capire meglio la sua complessa e impegnativa professione.

Prima di intraprendere la tua carriera avevi un sogno nel cassetto?

Ho compreso, con l’andar del tempo, che quelli che sovente son definiti “sogni nel cassetto” ed, invece, per me son sogni alloggiati sulle mensole della mia abitazione, del mio studio, del mio box, affinchè siano in buona vista, siano semplicemente la conseguenza delle serate vissute da bambina e trascorse a guardare ogni puntata di Perry Mason. Sognavo di occuparmi della qualsivoglia avesse a che vedere con l’idea di giustizia, nell’accezione di lume di verità. Una visione di giustizia, cui i “buoni” bramano spasmodicamente; una visione di verità che non fosse solo processuale, bensì vissuta, respirata, smaniata con passione. Figlia dell’opera di plurime competenze riconducibili alla degna attività di un investigatore dal fascino complesso, spesso sovvertente e dalla quiete destabilizzante. Sognavo, ad occhi aperti. Sognavo di concretizzare. La carriera forense, le aule di giustizia. L’amico detective del Mason, che svolge indagini aleatorie e che, con un colpo di scena, accede in aula per sussurrare all’orecchio del Mason la chiave di svolta del caso che va rivoluzionato dalla anamnesi alla dimanica. Ovviamente, anche la seducente Lara Amelia Croft ha contribuito sensibilmente a direzionare il mio interesse nei riguardi di armi da fuoco e di una unica vita vissuta al limite. Non è infatti un caso che il suo murales è nel mio studio.

A che età hai pensato per la prima volta di occuparti della tua attuale professione?

Ho sussunto il sogno alla fattispecie concreta nei primi anni in cui rivestivo lo status di studentessa universitaria. Quando si iniziava ad indottrinare la mente con nozioni basilari, seppur puramente teoriche. Pertanto, tra un esame universitario ed un altro, organizzavo il mio “ex post”, affinchè mi si definisse criminalista con specializzazione in balistica.

Quale è stato lo stimolo o la spinta emotiva o di ambizione a portarti nel tuo ambito professionale?

Lo stimolo? La spinta emotiva? Ambizioni? Nulla che attenga a storielle fantascientifiche da restar a bocca aperta. Cuore e solo cuore. La mia famiglia. Gli occhi di mio padre. La bellezza semplice e senza artifizi di mia madre. I loro innumerevoli sacrifici. Avrei dovuto dar loro un motivo per cui essere fieri. Ed un maestro. Incontrato nel momento più arduo. Ovvero quando ci si scontra con la realtà e salta fuori che spesso tutta la formazione e tutta la pratica sono, per taluni, secondarie al paventare etichette che, sic et
simpliciter, ci si illude siano garanzia di competenza e deontologia. Ed invece….

E’ stato difficile farti largo in mondo prettamente maschile e di conseguenza pieno di pregiudizi nei confronti del femminile?

Non voglio assolutamente prestare il fianco alle doglianze di quelle donne, che hanno rinunciato al qualsivoglia paventando l’alibi del “siamo donne ed è tutto più difficile”. Non escludo che lo sia. Anzi lo è. Ma in fondo, che c’è di semplice nel mondo del lavoro per ciascuno di noi? Ma la mia adorata nonna mi ripeteva, mentre mi impartiva una educazione quasi militare, che “chi si ferma è perduto”. In primis, ho appurato che sia faticoso operare in un contesto nel quale l’indagine balistica spesso è considerata superflua. Quasi che le competenze di un balistico possano essere surrogate da chi millanti conoscenze apprese con googolate o leggendo Tex Willer, verosimilmente nemmeno con attenzione. Ed invece, la mia attività professionale postula pratica costante ed una formazione decennale. Anzi, ad onor del vero, un criminalista non smette mai di formarsi, attraverso l’attività sperimentale, attraverso l’aggiornamento, spingendosi ben al di là del confine italiano. La balistica, molto spesso, assolve ad una funzione dirimente nel corso delle indagini ed in seno alla giustizia penale. All’atto del conferimento dell’incarico, vien chiesto di accertare qualunque cosa sia utile ai fini della giustizia. Ed allora, classificare giuridicamente un’arma, dichiarando che sia antica piuttosto che identificandola come dispositivo di segnalazione acustica alterato fa la sua sostanziale differenza al fine del capo di imputazione. Stabilire che le impronte di classe ed individuali riconosciute sui bossoli repertati sulla scena del crimine siano giustapponibili o meno, comparabili o meno, identici o meno, quasi ad evocare un codice a barre, con quelle invece intercettate sui bossoli “spenti” ricavati testando l’arma in giudiziale sequestro, in sede di comparativa, dirige le indagini in un senso piuttosto che in un altro. Un esempio potrebbe essere d’aiuto. Ho sostenuto, nelle mie attività sperimentali, che fossero comparabili le impronte a caldo e le impronte a freddo. O meglio, le impronte presenti su bossoli spenti e quelle ritrovate su munizioni camerate (“giocate nell’arma”) senza essere assoggettate al ciclo dello sparo. Ed è così, che nel corso della mia esperienza professionale, ho dovuto ricorrere alla mia tesi per la risoluzione di un rompicapo. Avevo a disposizione i bossoli repertati sulla scena del crimine ed un serbatoio arrugginito con un paio di munizioni. Fatto ritrovare “chissà come”, “chissà dove”, “chissà perché”. Nessuna arma. Non potevo produrmi in “test”, ovvero non avrei potuto comparare, a seguito dei test a fuoco, i bossoli spenti dell’arma adoperata per l’evento omicidiario con quelli repertati nel teatro del crimine. Notti insonni al microscopio comparatore per esitare l’assoluta identità tra le impronte sui bossoli repertati e quelle sulle munizioni “giocate” e lasciate nel serbatoio. A voi, ogni valutazione in merito a quando una indagine balistica possa direzionare il corso delle indagini. Eh si. Sono una giovane donna, indosso tacchi a spillo, curo il mio aspetto perché non c’è davvero nulla di sbagliato nell’esser femminile e faccio il balistico. Allora? Ho incontrato, certamente, chi ha guardato l’involucro ed ha dedotto che potesse osare, ipotizzare, sottovalutare. Non negli ambienti “sacri”, sia ben chiaro. E non nascondo che è stato alquanto divertente ed eccitante sferrare colpi a chi gironzola ormai tronfio di pregiudizi.

Ricordi il tuo primo incarico importante?

Ricordo. In ogni santo giorno lavorativo. Ha cambiato la visione di ogni cosa. Un giovane uomo nel posto giusto, ma al momento sbagliato. Attinto da diversi colpi d’arma da fuoco. Era lì. Faceva ciò che quotidianamente facciamo in tanti. Andava a lavoro. Probabilmente pensava al figlio nato da poco. O semplicemente a sbrigarsi per evitare il disappunto del suo datore per un paio di minuti di ritardo. Lo ricordo in sala autoptica. Il suo viso surrealmente sereno. Ogni foro d’ingresso ed ogni foro d’uscita. Ricordo l’indagine svolta in ogni singolo momento. Tra bossoli da comparare e ricostruzione della dinamica omicidiaria intesa in senso lato. Ricordo il momento esatto nel quale apposi la mia firma al temine del mio operato. Aveva gli occhi chiari.

Preferisci lavorare con Polizia, Carabinieri o Gdf?

Non ho preferenze. Ammiro e sono dalla parte delle forze dell’ordine sempre. Del pari, riconosco l’ingente opera certosina svolta dall’autorità giudiziaria. E’ un onore per me operare con chiunque ritenga di fidarsi delle mie competenze. E’ un onore per me essere la “longa manus del giudice” e l’ausiliario di PG. Per amore di verità e giustizia.

Quando devi svolgere delle indagini delicate come organizzi il tuo lavoro? Hai schemi, dinamiche o segui altre strade?

In criminalistica, nessun caso porta con sé un quid di altri casi già attenzionati. Per operare secondo “scienza e coscienza” , si deve partire dalla formazione, che mai la si deve reputare esaustiva. Già. Si studia sempre, al pari di quanto ho già detto. L’improvvisazione e l’approssimazione ha comportato danni enormi a discapito di chi, in bene o in male, andava giudicato nel proprio agire. Si postula la necessaria “immunizzazione” nell’accedere sulla scena del crimine in corso di sopralluogo e successivamente. Se è vero, com’è vero, che ogni contatto lasci una traccia, allora nulla di ciò che comunica informazioni a chi le sappia interpretare va alterato e contaminato. Si postula il rispetto delle norme di sicurezza nel maneggio di armi adoperate per la commissione di crimini spesso efferati. Si postula il rispetto di criteri minimi di qualità, linee guida e protocolli di riferimento all’atto dell’esame dell’arma e di qualsivoglia agente balistico. E l’intuizione. L’intuizione di un istante, talvolta, vale una vita di esperienza. Perché in questo ambito la somma di 2 + 2 non è necessariamente 4. Talvolta, 2 + 2 fa 7, perché ulteriori cifre, nella vesti di tracce latenti, vanno rese evidenti. Applicando la scienza.

La le armi con cui hai sparato quali preferisci e perchè, sia dal punto di vista tecnico che estetico

Impossibile rendere un elenco di tutte le armi che ho testato. Troppe, innumerevoli, in pessime ed in buone condizioni, alterate e non alterate, comuni e rare. Piuttosto, tra le ami che preferisco, menziono volentieri l’AK47, il kalashnikov camerato in 7,62×39 mm; robusto, affidabile, difficilmente si inceppa. Seppur non sia preciso e potrebbe essere “maltrattato”. Prodotto in più di 100 milioni di pezzi al mondo. Risposta fin troppo banale, vero? Allora rilancio. Rilancio, orbene, con una Mauser Schnellfeuer in 7,63×25 Mauser. Sintesi della perfezione ingegneristica in fatto di armi, fu anche in dotazione della Regia Marina, apprezzata da ufficiali tedeschi, che la battezzarono “manico di scopa” a causa del particolare calcio, apprezzata ed adoperata dal giovane ufficiale inglese Winston Churchill.

Redazione
Redazione
La nostra linea editoriale è fatta di format innovativi con contenuti che spaziano dalla politica allo sport, dalla medicina allo spettacolo.

Articoli correlati

Ultimi articoli