venerdì, Maggio 3, 2024

Fitch "avverte" lo stato di salute dell’economia italiana

L’agenzia di rating Fitch conferma il rating ’BBB’ dell’Italia ma abbassa l’outlook portandolo da stabile a negativo. Lo rende noto la stessa agenzia di rating. All’origine della decisione la formazione del nuovo governo, che secondo l’agenzia potrebbe portare ad un livello di allentamento di bilancio che lascerebbe il debito pubblico più esposto a shock potenziali. Il rapporto deficit/pil è stimato all’1,8% nel 2018, più alto di 0,2 punti rispetto alle stime del Governo, per effetto dei maggiori interessi sui titoli di Stato, spiega Fitch. Ed all’Agenzia, puntuale, arriva la replica di Palazzo Chigi: “L’agenzia Fitch lascia invariato il suo rating sul debito italiano. Riteniamo questa valutazione ampiamente giustificata alla luce delle attuali condizioni della nostra economia. Ovviamente – annota Palazzo Chigi – c’è attesa che venga definito il Documento di economia e finanza del governo e che gli impegni di bilancio per il prossimo anno siano rispettati e le riforme strutturali già annunciate siano attuate. Siamo certi che ci saranno valutazioni integralmente positive, senza alcuna riserva, non appena questi impegni verranno ufficializzati nel documento del governo in preparazione che confermerà l’impegno a proseguire nel percorso di riduzione del debito italiano, come peraltro già più volte comunicato, a realizzare efficaci prospettive di crescita economica e di sviluppo sociale del Paese”. Da registrare poi, ed è ancora una nota decisamente negativa, la brusca frenata dei consumi definita dall’Istituto di ricerca Cer: "Una frenata allarmante, la peggiore dal 2014". Al netto dell’ottimismo contenuto del Deft, che venerd’ì dava un Pil in avanzamento, il Cer legge, invece, la crescita prevista per l’anno all’1%, un dato inferiore all’1,4% auspicato dal Documento di Economia e Finanza ed il risultato più fiacco dal +0,3% registrato nel 2014. E’ quanto emerge dalle previsioni macroeconomiche condotte da Cer per Confesercenti, secondo cui la debolezza di quest’anno proseguirebbe per tutto il prossimo biennio: la crescita dei consumi si dovrebbe confermare al +1% nel 2019 per poi frenare ancora a +0,7% nel 2020. In valori assoluti, in media si tratta di 5 miliardi di euro di spesa all’anno in meno rispetto alle previsioni nel triennio 2018-2019-2020. Il rallentamento dei consumi inciderà anche sul Pil: l’anno si dovrebbe chiudere con una variazione di +1,3% del prodotto interno lordo, due decimi di punto in meno dell’1,5% indicato nel DEF. E la debolezza proseguirebbe per tutto il prossimo biennio: la crescita dei consumi si dovrebbe confermare al +1% nel 2019 per poi frenare ancora a +0,7% nel 2020. La variazione del Pil, invece, dovrebbe rallentare ulteriormente sia nel 2019 (+1,2%) che nel 2020 (+1,1%). Sono dunque confermate, spiega l’associazione nello studio, "le maggiori difficoltà a superare la recessione registrate dal nostro Paese rispetto ai partner europei". A dicembre 2017, infatti, i consumi delle principali economie europee sono tutte al di sopra del 2007, ultimo anno prima della crisi: in Germania segnano il 10,9% in più, in Francia l’8,6% e nel Regno Unito il 5,5% in più.
In Italia, invece, sono ancora al di sotto dei livelli del 2007 del 2,7%; pari a circa 26,3 miliardi di euro in meno. Un gap che, di questo passo, recupereremo solo nel 2021, ben 14 anni dopo la crisi. Confesercenti, inoltre, sottolinea come queste stime siano state elaborate ipotizzando lo stop agli aumenti Iva previsti dalle clausole di salvaguardia.
Se così non fosse, come tuttora iscritto nel bilancio ‘a legislazione vigente’, il quadro di previsione sarebbe decisamente peggiore: la variazione dei consumi si abbasserebbe allo 0,8% già nel 2019, per arrivare quasi allo stop (+0,3%) nel 2020. Anche la crescita del Pil si indebolirebbe, scendendo a +1,1% nel 2019 e inabissandosi sotto la soglia psicologica del +1% già nel 2020 (+0,8%).
A pesare sui consumi e, di conseguenza, sulla crescita dell’intera economia, è il deciso indebolimento del potere d’acquisto, la cui crescita si è dimezzata passando dal +1,4% del 2015-2016 al +0,7% di quest’anno. Ma incide anche il deterioramento del clima di fiducia delle famiglie consumatrici, che rende improbabile un recupero della spesa nell’ultima parte dell’anno.

Redazione
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