venerdì, Novembre 1, 2024

"Mondo di mezzo", i giudici riconoscono l’aggravante mafiosa per i 18 dei imputati

Quella del Mondo di mezzo è mafia. I giudici della terza Corte d’Appello di Roma, presieduta da Claudio Tortora, in merito all’accusa di mafia hanno ribaltato la sentenza di primo grado del processo nell’aula bunker di Rebibbia che vede imputate 43 persone tra cui l’ex terrorista dei Nar Massimo Carminati e il ras delle coop romane, Salvatore Buzzi. I giudici di Appello hanno quindi ammesso il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, accusa caduta nel verdetto di primo grado di luglio 2017, che aveva riconosciuto l’esistenza di due associazioni a delinquere "semplici" ai cui vertici c’erano Carminati e Buzzi.
L’ex terrorista dei Nar e il ras delle Coop romane sono stati inoltre condannati rispettivamente a 14 anni e mezzo e a 18 anni e 4 mesi. Collegati in videoconferenza dai penitenziari di Opera e di Tolmezzo, Buzzi e Carminati non hanno voluto essere ripresi dalle telecamere al momento della lettura della sentenza. Il pg aveva chiesto una condanna a 26 anni e mezzo per l’ex Nar e 25 anni e 9 mesi per Buzzi, condannati in primo grado rispettivamente a 20 e a 19 anni. Sono stati due i patteggiamenti e otto le assoluzioni. In particolare, Luca Odevaine, ex componente del tavolo sull’immigrazione, ha patteggiato una pena complessiva a 5 anni e 2 mesi. Claudio Turella, ex funzionario del Comune di Roma, ha concordato una pena a 6 anni per corruzione. I giudici hanno invece assolto Stefano Bravo, Pierino Chiaravalle, Giuseppe Ietto, Sergio Menichelli, Daniele Pulcini e Nadia Cerrito, Rocco Ruotolo e Salvatore Ruggiero.
"Abbiamo sempre detto che le sentenze vanno rispettate – ha detto il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini -. Lo abbiamo fatto in primo grado e lo faremo anche adesso. La corte d’appello ha deciso che l’associazione criminale che avevamo portato in giudizio era di stampo mafioso e utilizzava il metodo mafioso. Era una questione di diritto che evidentemente i giudici hanno ritenuto fondata". "La Corte d’Appello di Roma ha accolto l’impugnazione della Procura Generale e della Procura della Repubblica di Roma e ha riconosciuto il carattere mafioso dell’associazione. Questo è il punto di arrivo di un intenso impegno e al tempo stesso di partenza. La consapevolezza dell’esistenza anche a Roma e nel Lazio di forze criminali in grado di condizionare la vita economica e politica e di indurre timore nella popolazione resta il centro di riferimento delle iniziative giudiziarie, che devono necessariamente essere accompagnate dalla crescita della coscienza civile e dal risanamento della struttura della pubblica amministrazione".
"Quanto accaduto è grave, è un fatto assolutamente stigmatizzabile l’aver riconosciuto la mafia. E una bruttissima pagina per la giustizia del nostro Paese". Così l’avvocato difensore di Salvatore Buzzi, Alessandro Diddi, parlando al termine della sentenza d’appello sull’inchiesta Mondo di mezzo. Diddi ha poi aggiunto: "Il collegio ha riconosciuto la associazione di stampo mafioso, ma ha ridotto il trattamento sanzionatorio che era stato applicato in primo grado. Noi abbiamo da sempre sostenuto che il tribunale fosse andato con la mano pesante su diverse condotte".
"Questa sentenza rappresenta per me una sorpresa perché già non condividevo la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto due associazione distinte – ha detto il difensore di Massimo Carminati Bruno Giosué Naso -. L’insussistenza dell’accusa mafiosa mi sembrava inattaccabile: mi sbagliavo. Questo collegio ha invece riconosciuto l’esistenza della mafia". "Se persino questa collegio, che è uno dei migliori della corte d’appello, ha riconosciuto l’aggravante mafiosa o io dopo 50 anni di attività professionale non capisco più nulla di diritto, e ci può stare, oppure -ha aggiunto- è successo qualcosa di stravagante che ha influito sulla sentenza. In questo Paese la magistratura mette bocca su tutto, e si arroga il compito di moralizzare la società".
Su 18 dei 43 imputati al processo al Mondo di Mezzo i giudici della III corte d’Appello hanno riconosciuto a vario titolo l’associazione a delinquere di stampo mafioso, l’aggravante mafiosa o il concorso esterno, oltre che a Carminati e Buzzi, anche per Claudio Bolla (4 anni e 5 mesi), Riccardo Brugia (11 anni e 4 mesi), Emanuela Bugitti (3 anni e 8 mesi), Claudio Caldarelli (9 anni e 4 mesi), Matteo Calvio (10 anni e 4 mesi). Condannati anche a Paolo Di Ninno (6 anni e 3 mesi), Agostino Gaglianone (4 anni e 10 mesi), Alessandra Garrone (6 anni e 6 mesi), Luca Gramazio (8 anni e 8 mesi), Carlo Maria Guaranì (4 anni e 10 mesi), Giovanni Lacopo (5 anni e 4 mesi), Roberto Lacopo (8 anni), Michele Nacamulli (3 anni e 11 mesi), Franco Panzironi (8 anni e 4 mesi), Carlo Pucci (7 anni e 8 mesi) e Fabrizio Franco Testa (9 anni e 4 mesi).
"Questa sentenza conferma la gravità di come il sodalizio tra imprenditoria criminale e una parte della politica corrotta abbia devastato Roma – sottolinea la sindaca di Roma Virginia Raggi -. Conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che bisogna tenere la barra dritta sulla legalità. E’ quello che stiamo facendo e continueremo a fare per questa città e i cittadini". La ’’sentenza di appello riconosce reato associazione a delinquere di stampo mafioso – conclude -. Criminalità e politica corrotta hanno devastato Roma, responsabili giusto che paghino. Noi proseguiamo il nostro cammino sulla strada della legalità’’.

Redazione
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