venerdì, Aprile 26, 2024

Pascucci su Piazza Almirante a Ladispoli: “Gesto divisivo di palazzo Falcone”

Il primo cittadino di Cerveteri mira al sindaco di Ladispoli ma guarda altrove. Dov’ è finita l’onesta intellettuale in questo territorio?

 

E’ mia abitudine presentare con un cappello introduttivo gli articoli che analizzo dalle colonne de la Voce. Questa volta però il lettore troverà il mio commento alla fine della nota del sindaco Pascucci sull’argomento del giorno. Partiamo dalla nota del sindaco di Cerveteri il quale, mirando verso Palazzo Chigi e l’Europa, si è tuffato in una polemica dai confini storici che gli sono alquanto sconosciuti.

“In una nazione in cui consentiamo al nostro Ministro dell’interno (anche vicepremier) di citare impunemente Benito Mussolini, in cui consentiamo al Presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani addirittura di elogiarlo, tutto è possibile.” Anche che in una città di 40.000 abitanti l’Amministrazione decida di intitolare una piazza a Giorgio Almirante e che proponga di farlo nel giorno dell’anniversario della strage delle Fosse Ardeatine (salvo poi rettificare e cambiare data a seguito delle polemiche pressoché unanimi). Accadrà domani, sabato 16 marzo a Ladispoli (ieri ndr, con i particolari in cronaca nella pagine di Ladispoli ) (mentre in contemporanea si terrà una contromanifestazione, come sempre pacifica, piena di colori e sorrisi promossa dall’ANPI Cerveteri – Ladispoli, che partirà alla medesima ora, da via dei Fiordalisi e a cui vi invito a partecipare). “Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza.” Queste le parole, mai sconfessate, scritte proprio da Giorgio Almirante il 5 maggio 1942 su «La Difesa della razza», rivista diretta da Telesio Interlandi che accompagnò la promulgazione delle leggi razziali. In quello stesso articolo Almirante parla “dei meticci e degli ebrei” dichiarando di dover opporre loro un altolà basato sull’”attestato del sangue”. È vero, Giorgio Almirante è stato deputato della Repubblica (per dieci legislature) ed eurodeputato (per due legislature). Ma questo c’entra poco. Membro del Partito Nazionale Fascista, aderì alla Repubblica di Salò e non solo non rinnegò mai il suo passato ma fu addirittura indagato per aver tentato di ricostruire il Partito Fascista dopo la guerra. Viviamo tempi difficili e non possiamo non sapere che alcune azioni hanno un forte valide simbolico. Sempre, ma ancora di più oggi. In questi anni abbiamo fondato le nostre Comunità sui temi della Pace, del rispetto della Costituzione e dell’antifascismo. In maniera imprescindibile. Mettere la bandiera della pace sul palazzo comunale, dare la cittadinanza onoraria ai bambini stranieri nati nella nostra nazione, promuovere i temi dell’accoglienza e dell’integrazione. Anche questi gesti, fatti nella nostra Cerveteri, sono simbolici. Non cambiano lo stato delle cose, ma tengono alta l’attenzione, disegnando il sogno di una società migliore e indicando la strada che vogliamo percorrere per realizzarla. L’odio razziale è pericolosissimo. Basti pensare che in Nuova Zelanda in queste ore in nome di questi disvalori sono state uccise 49 persone da un commando che nei caricatori aveva inciso il nome di Luca Traini, l’uomo che lo scorso anno ha seminato il panico per le vie di Macerata sparando colpi di pistola dalla propria auto e ferendo sei persone, tutte straniere. Luca Traini, candidato alle elezioni comunali di Corridonia nelle file della Lega e dagli amici considerato vicino a Casa Pound, il “Movimento dei fascisti del Terzo Millennio” che proprio oggi (venerdì pomeriggio, ndr) apre una sezione nella nostra Cerveteri. Ladispoli è una città multietnica. Bambini di tutto il mondo condividono da anni i banchi di scuola. Ladispoli ha precorso i tempi insegnando a molte altre comunità come si possa trasformare una apparente problematica in una conclamata ricchezza. Non conta il colore politico dell’Amministrazione. Ladispoli è multietnica di fatto. Per questo faccio un appello all’Amministrazione di Ladispoli. Affinché ci ripensi e, al di là dell’ideologia politica, non compia un gesto che per molti di noi, per moltissimi suoi concittadini, è considerato offensivo. Divisivo. Se non per noi, se non per quei cittadini, lo faccia almeno per tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita in nome dei valori dell’antifascismo e della Resistenza, regalandoci la libertà e la democrazia che abbiamo oggi nel nostro Paese. Quella democrazia che ci consente di essere democraticamente eletti sindaci delle nostre comunità. E oggi, ancor più di prima, è necessario essere sindaci di tutti”. Fin qui la nota di Pascucci.

Chi non conosce la storia è condannato a riviverla. Ma non è agli esiti del ventennio che ci riferiamo. Pensavamo invece al giugno del 1924, quando i non pochi partiti all’opposizione del traballante neonato fascismo, invece di affondare il colpo definitivo a seguito del drammatico rapimento di Matteotti, pensarono bene di ‘ritirarsi sull’Aventino’, abbandonando di fatto una lotta che avrebbero potuto benissimo vincere. La vulgata ha riempito i libri di storia con lo sdegnato abbandono in nome della democrazia e della libertà. Sarà, ma la sensazione che c’entrasse una crisi economica e sociale drammatica, dovuta agli esiti beffardi della Grande Guerra, e soprattutto la fuga per l’incapacità da parte dei partiti di assumersi responsabilità impopolari, è forte. A veder bene in Italia è accaduto spesso. L’antifascismo, che dovrebbe albergare in ciascun cittadino dall’età della ragione, è stato spesso una bandiera spiegata dalla politica nei momenti di forte crisi economica, sociale ed istituzionale, quando si sarebbero dovute prendere decisioni elettoralmente impopolari e quando, in generale, chi avrebbe dovuto guidare una nazione, in realtà non sapeva che pesci prendere. E la sensazione che stia accadendo lo stesso in questi tempi, è netta. Invece di comprendere perché milioni di cittadini esprimono consenso verso certi partiti, gli sconfitti di ogni ordine e grado si abbandonano ad insulti da osteria verso quegli stessi cittadini che, quando votavano per loro, esprimevano invece consensi maturi e consapevoli. Quando si dice: saper perdere. Poteva mancare Pascucci in questo nobile consesso di sdegno? Certo che no. D’altro canto, il degrado istituzionale di Cerveteri, la tournée politico-elettorale su e giù per l’Italia, il presidio dei mass media nazionali su qualunque argomento, ad eccezione delle previsioni del tempo, lasciavano sperare in una crescita politica nazionale ed internazionale di Pascucci. Invece così non è. Ecco quindi il nostro sparare a palle incatenate contro il Presidente del Parlamento Europeo, l’italiano Antonio Tajani. L’unico, insieme a Mario Draghi, a rappresentare l’Italia, a livelli che mai più probabilmente sarà possibile raggiungere. Il Presidente Tajani non ha certo bisogno di difese di ufficio, anche perché il suo curriculum internazionale è sterminato, ma vogliamo qui contribuire alla formazione del giovane sindaco di Cerveteri, con qualche piccola nota. Il Presidente Tajani è stato insignito in tutto il mondo, tutto il mondo, Pascucci, di un’infinità di onorificenze: le più alte di ciascun Paese. Tanto per dire: la Legion d’Onore in Francia ed il Premio Carlo V in Spagna, emanato direttamente dal re. Ma ci premono due altri episodi, paradigmatici. Abbiamo assistito ad un alterco in Venezuela, per altro in perfetto spagnolo, con uno degli scagnozzi di Maduro, al quale Tajani rinfacciava pesantemente di aver incarcerato e fatto sparire tutti gli oppositori. L’ultimo episodio, il più curioso ed il più bello, riguarda Gijon, una città nelle Asturie in Spagna. Questa città conta circa 277.000 abitanti e l’amministrazione è di sinistra, ma di sinistra vera. Quando Tajani era Commissario europeo all’Industria, insieme al sindaco, …diciamolo…comunista, riuscì ad evitare che la Tenneco, multinazionale americana, delocalizzasse, lasciando a casa praticamente tutti i lavoratori di Gijon. Per ringraziamento, il sindaco, i lavoratori, tutti i cittadini vollero intitolare una strada della città a Tajani, unico esempio di intitolazione ‘da vivo’. Ecco, studi Pascucci, studi, ché la strada per diventare uno statista internazionale, come piacerebbe a lei, è lunga e complicata e soprattutto molto poco mediatica. Ed infine: era il 23 marzo 1984 quando Sandro Pertini, in un’intervista rilasciata a Carlo Gregoretti di Epoca diceva testualmente: «Mussolini progettò la bonifica pontina e riuscì a far crescere il grano dove c’ erano paludi e malaria. Fu una grande opera, sarebbe disonesto negarlo. Ricordo che il mio amico Treves era preoccupato: Sandro, mi diceva, se questo continua così siamo fregati». Adesso, caro Pascucci, per onestà intellettuale, spari ad alzo zero anche su Pertini. Rimaniamo in attesa.

Redazione
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