giovedì, Marzo 28, 2024

Ricercatori statunitensi: “La povertà lascia un segno del dna”

La povertà lascia un segno. Attraversa generazioni e colpisce non solo riducendo le possibilità dei figli di chi vive in condizioni economiche difficili. L’impatto è profondo, fin nel Dna. A suggerirlo è un nuovo studio scientifico secondo cui, appunto, la povertà lascia un segno sui geni. Non da poco, tra l’altro, visto che la stima è che influenzi un gene su 10. Un’eredità genetica pesante, la ‘memoria’ di ristrettezze e privazioni scritta nel nostro corpo. La scoperta descritta dagli autori – un team della statunitense Northwestern University – si inserisce in un ricco filone di ricerca sugli effetti di ricchezza e povertà sulla salute, ma gli esperti vanno oltre. A caccia di tracce nel codice della vita. Le loro conclusioni, pubblicate sull”American Journal of Physical Anthropology’, mettono alla prova la visione che vuole i geni come caratteristiche immutabili della nostra biologia, fissate al momento del concepimento. I ricercatori, infatti, spiegano di aver trovato evidenze del fatto che la povertà può essere incorporata in vaste aree del genoma. Uno status socioeconomico più basso è, secondo gli studiosi, associato a livelli di metilazione del Dna – un processo epigenetico chiave che ha il potenziale di modellare l’espressione genica – in più di 2.500 siti, in oltre 1.500 geni. In altre parole la povertà, calcolano gli scienziati, lascia un segno su quasi il 10% dei geni nel genoma. Le ricerche precedenti condotte su questo fronte avevano dimostrato che lo status socioeconomico è un potente determinante per le malattie e la disuguaglianza sociale è un fattore di stress onnipresente a livello globale. Un basso livello di istruzione o reddito viene associato a processi fisiologici come l’infiammazione cronica, l’insulino-resistenza e la disregolazione del cortisolo. Ed è stato per esempio osservato che è predittivo di un aumento del rischio di malattie cardiache, diabete, tumori e malattie infettive. “I meccanismi sottostanti attraverso i quali il nostro corpo ‘ricorda’ le esperienze di povertà non sono noti. I nostri risultati suggeriscono ora che la metilazione del Dna può svolgere un ruolo importante”, spiega l’autore principale dello studio, Thomas McDade, direttore del Laboratory for Human Biology Research, definendosi sorpreso dalla quantità di associazioni rilevate, dall’entità dell’impatto. “Questo modello – prosegue – evidenzia un potenziale meccanismo attraverso il quale la povertà può avere un impatto duraturo su una vasta gamma di sistemi e processi fisiologici”. Saranno necessari studi di follow-up, puntualizzano gli esperti, per determinare le conseguenze sulla salute della metilazione differenziale nei siti identificati dai ricercatori, ma molti dei geni sotto la lente sono associati a processi correlati alle risposte immunitarie all’infezione, allo sviluppo scheletrico e allo sviluppo del sistema nervoso. “Queste – conclude McDade – sono le aree su cui ci concentreremo per determinare se la metilazione del Dna è davvero un meccanismo importante attraverso il quale lo status socioeconomico può lasciare un’impronta molecolare duratura sul corpo, con implicazioni per la salute più avanti nella vita”.
Redazione
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