Omicidio Vannini, Di Battista: “Spero con tutto il cuore
che la Cassazione possa cancellare il processo di Appello”
Ho telefonato a Marina Vannini, la mamma di Marco, il ragazzo di 20 anni di Cerveteri ucciso nella notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015 un paio di mesi fa. Stamattina sono andato a trovarla. La chiamai perché vidi il video della lettura della sentenza di Appello del processo per la morte di Marco. Non conoscevo ancora molto bene la questione, tuttavia mi indignò una frase pronunciata dal Presidente della Corte. «Se volete farvi una passeggiata a Perugia ditelo» disse il giudice Calabria ai familiari di Marco che protestavano per la sentenza. Considerate che in I grado Antonio Ciontoli, il papà della ragazza di Marco, venne condannato a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale. Fu lui (probabilmente) a puntare la pistola verso Marco e fu lui a premere il grilletto. In Appello la sentenza di I grado è stata completamente ribaltata. Niente omicidio volontario ma solo omicidio colposo e una condanna per Ciontoli a 5 anni. Immaginate adesso di perdere vostro figlio ventenne per un colpo di arma da fuoco sparato dal papà della sua fidanzata. Immaginate di essere i genitori di un ragazzo che si sarebbe potuto salvare se solo i soccorsi fossero stati chiamati immediatamente. Invece quella notte Ciontoli e la sua famiglia tentarono depistaggi di ogni tipo. Chiamarono il 118 la prima volta dopo 20 minuti dallo sparo. In quella telefonata nessuno disse mai che Marco aveva un proiettile in corpo. Parlarono di un ragazzo che si era sentito male ma poi, durante la telefonata, dissero che non avevano più bisogno di aiuto. «Casomai richiamiamo», così conclusero la telefonata. Nel frattempo Marco urlava in modo disumano. Tutti i vicini l’hanno sentito. La seconda telefonata al 118 l’hanno fatta dopo altri 25 minuti. Nel frattempo Marco perdeva sangue. Ne ha persi quasi due litri. Anche nella seconda telefonata hanno mentito. Hanno parlato di un ragazzo caduto in bagno su un pettine appuntito. I soccorsi sono arrivati quasi un’ora dopo lo sparo e Marco aveva ormai perso conoscenza. A quel punto la moglie di Ciontoli ha telefonato a Marina, la mamma di Marco, dicendole che Marco era caduto dalle scale. Caduto dalle scale….Solo al PIT (Punto di Primo Intervento) di Ladispoli si venne a sapere che c’era una pallottola di mezzo. E anche lì Ciontoli ha provato a farla sporca entrando nella stanza del medico di turno dicendogli che la storia della pallottola non doveva uscire fuori. Il medico, chiaramente, si è rifiutato di partecipare a questa porcheria e ha subito attivato il protocollo per colpo d’arma da fuoco. Ma, ormai, era troppo tardi. Marco è morto sull’elicottero che lo stava portando all’Ospedale Gemelli. Quell’elicottero si è alzato in volo ma Marco è entrato in arresto cardiaco e l’elicottero è subito riatterrato. «E’ morto in volo» mi ha detto la mamma. Il sogno di Marco era volare. Voleva diventare un pilota delle Frecce Tricolore. Marina e Valerio, il papà di Marco, mi hanno appena raccontato tutta la storia con particolari che non conoscevo. Negli ultimi due mesi mi sono informato, ho letto articoli, resoconti, ho visto alcuni servizi (anche quello di ieri sera delle Iene), ma non sapevo tante cose. Quel che è accaduto realmente quella notte è ancora un mistero.
Perché? Anche questo è un mistero. C’è chi sostiene che Ciontoli, ex-impiegato del RUD (Raggruppamento Unità Difesa dei Servizi Segreti) avesse qualche santo in paradiso. Io non ne ho idea ma i racconti di Marina e Valerio sono davvero sconvolgenti così come le dinamiche di quell’omicidio e dei soccorsi mancati. Ripeto, immaginate di essere voi i genitori di Marco, un ragazzo che proprio oggi avrebbe compiuto 24 anni. Vi sareste indignati o no durante la lettura di quella sentenza? Omicidio colposo…Ma quell’arma verso Marco è stata puntata e i soccorsi non sono stati chiamati subito e quel ragazzo quella notte è morto tante volte. Senz’altro è morto ad ogni menzogna pronunciata. «Se volete farvi una passeggiata a Perugia ditelo» ha detto il giudice alla famiglia di Marco, soprattutto alla mamma che gridava «aveva 20 anni, aveva 20 anni, vergogna». Chi commette un reato nei confronti di un giudice di Roma (oltraggio alla Corte, interruzione della lettura della sentenza, etc, etc) viene infatti giudicato dal collegio di Perugia. Quel giudice, che comunque aveva tutti gli strumenti per ristabilire l’ordine nell’aula, ha pensato bene di dire questa frase vergognosa ad una mamma che si è pure contenuta di fronte ad una sentenza del genere. Da Parlamentare non mi sono mai permesso di commentare una sentenza. Ho sempre creduto fosse sbagliato invadere quel campo. Ma ora non sono più deputato. Spero con tutto il cuore che la Cassazione possa cancellare il processo di Appello perché quel che è avvenuto quella notte è una vergogna inaudita. Oggi Marco avrebbe 24 anni. Il modo migliore per fargli gli auguri è non dimenticare, è informarsi, è non mollare, proprio come fanno Marina e Valerio, i suoi genitori, due esempi di cittadini che combattono a testa alta per la verità”. A dichiararlo sul suo profilo Facebook è l’ex parlamentare del MoVimento 5 Stelle Alessandro Di Battista