E’ salito a più di undicimila il numero delle persone contagiate con il coronavirus in Cina, mentre sono 259 le persone che hanno perso la vita. Lo hanno dichiarato le autorità sanitarie della provincia di Hubei, nella Cina centrale, epicentro dell’epidemia. Solo nella provincia di Hubei sono stati segnalati 1.347 nuovi casi, 7.153 in tutto. Isolata Wuhan, che conta 11 milioni di abitanti, e altre città della Cina. Intanto, come altre compagnie aeree, anche l’australiana Qantas prende provvedimenti, annunciando la sospensione dei collegamenti diretti con la Cina per almeno due mesi. In particolare, dal 9 febbraio al 29 marzo non sarà attivo il collegamento tra Sydney e Pechino e tra Sydney e Shanghai. “Le restrizioni in entrata imposte da Paesi come Singapore e Stati Uniti impone sfide logistiche per l’equipaggio operante in Cina – ha detto la Qantas in una nota -, il che comporta la necessità di sospendere temporaneamente i voli”. Sul fronte delle evacuazioni da Wuhan, finora sono 324 gli indiani arrivati a Nuova Delhi e smistati in due centri in quarantena allestiti dall’esercito alla periferia della capitale per verificare l’eventuale contagio. Si stima che le persone provenienti dalla Cina debbano restare in quarantena per due settimane e resteranno in osservazione anche successivamente. Sei persone non sono state fatte salire sull’aereo in quanto riportavano febbre alta. Lo rende noto il portavoce del ministero degli Esteri indiano, Raveesh Kumar.
INDIA – In India è stato segnalato un caso di coronavirus, riguardante una studentessa del Kerala che aveva frequentato l’università di Wuhan e che si trova ora in ospedale in isolamento.
SPAGNA – In isolamento si trova anche il primo caso di coronavirus in Spagna, a La Gomera, nelle isole Canarie, fa sapere il ministero della Sanità di Madrid. La conferma arriva dalle analisi condotte dal Centro nazionale di microbiologia dell’Istituto di Sanità Carlo III di Madrid. Il paziente, un turista di nazionalità tedesca, si trova attualmente in isolamento in un ospedale dell’isola, come si legge nel nota del ministero della Sanità spagnolo.
GB – E la Gran Bretagna ha annunciato il ritiro di alcuni suoi dipendenti dell’ambasciata e dai consolati cinesi. “A partire dal 31 gennaio, parte dello staff e dei dipendenti dell’ambasciata britannica e dei consolati vengono ritirati dalla Cina. Resterà lo staff fondamentale che deve continuare il lavoro. Se la situazione dovesse ulteriormente peggiorare – si legge in una nota del governo britannico – l’ambasciata britannica e i consolati forniranno assistenza ai cittadini britannici in Cina”.
AUSTRALIA – Intanto il primo ministro australiano Scott Morrison ha annunciato di aver negato l’acceso ai cittadini provenienti dalla Cina a meno che non siano connazionali o residenti. Nel corso di una conferenza stampa, il premier ha spiegato che l’ingresso in Australia sarà negato a chiunque partirà o transiterà dalla Cina a partire dal primo febbraio. Morrison ha quindi aggiunto di aver alzato al livello massimo l’avvertimento per i viaggi in Cina. I cittadini australiani provenienti dal Paese asiatico verranno posti in quarantena per due settimane.
THAILANDIA – L’evacuazione dei cittadini thailandesi dall’epicentro dell’epidemia avverrà “in pochi giorni” ha detto la portavoce del governo thailandese Narumon Pinyosinwat, spiegando che tre funzionari dell’ambasciata thailandese a Pechino si recheranno a Wuhan per aiutare l’evacuazione. “Abbiamo dai 161 ai 182 thailandesi nell’area e stiamo verificando i loro documenti” ha detto. “L’evacuazione sarà nel giro di pochi giorni, probabilmente dopo il 2 febbraio”.
PARAGUAY – E il governo del Paraguay ha sospeso l’emissione di visti di ingresso alle persone provenienti dalla Cina. “Il ministero degli Esteri informa la sospensione, per un tempo indefinito, dell’emissione dei visti di ingresso in territorio nazionale ai cittadini e agli stranieri provenienti dalla Repubblica popolare” dopo la Dichiarazione di emergenza sanitaria internazionale da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), si legge in una nota del ministero degli Esteri paraguaiano.