Con la fiducia (quasi) record al Senato e quella altrettanto ampia alla Camera, Mario Draghi entra a tutti gli effetti in carica come Presidente del Consiglio, e con lui il suo governo, composto – contrariamente a quanto si diceva alla vigilia – più da politici che da “tecnici”. Come ribadiamo spesso, occorrerà qualche settimana per misurare gli effetti dei più recenti sviluppi sugli orientamenti politici degli italiani: il lungo (e denso) discorso pronunciato dal nuovo premier al Senato, e la stessa composizione del suo esecutivo, potrebbero avere certamente avuto degli effetti, tanto su Draghi quanto sui partiti che fanno parte della sua maggioranza – come anche su quelli che si sono posti all’opposizione. Intanto, però, sono ormai passate diverse settimane dalla conclusione “de facto” della crisi di governo, con il conferimento dell’incarico a Draghi da parte del Presidente Mattarella e le conseguenti mosse di posizionamento dei partiti, avvenute nei giorni immediatamente successivi. E, su questo, qualche indicazione comincia già a intravedersi nella nostra Supermedia.
Cominciamo proprio dalla Lega, che dopo un anno e mezzo di “auto-esilio” seguito all’inciampo di Matteo Salvini al Papeete nell’agosto 2019, proprio grazie a una svolta “draghista” – alquanto inattesa – dello stesso Salvini, è tornata al centro della scena (e al governo). Per ora la Lega resta primo partito, ma il 23% di oggi è il peggior dato rilevato dalla primavera del 2018. Il partito di Salvini perde mezzo punto nelle ultime due settimane, ma tratta di un calo su cui non tutti gli istituti sono concordi: se per Euromedia di Alessandra Ghisleri il Carroccio ha perso ben un punto e mezzo da inizio febbraio, per altri istituti (come EMG, SWG, Tecnè) la Lega è invece rimasta sostanzialmente stabile. Più uniforme invece è il responso dei sondaggisti per quanto riguarda il Partito Democratico, anch’esso in calo (-0,4%) e che resta in seconda posizione con il 19,6%. Stabile il Movimento 5 Stelle con il 14,8% (dato identico a 15 giorni fa), ma è verosimile che nelle prossime settimane nei sondaggi si sconteranno i contraccolpi dei voti in dissenso e delle conseguenti espulsioni – e forse scissioni. In buona salute è invece Fratelli d’Italia, che fa segnare un (nuovo) record con il 16,5%. Il partito di Giorgia Meloni sembra quindi giovarsi della scelta netta – e dichiarata fin da subito – di porsi all’opposizione dell’esecutivo di unità nazionale guidato da Draghi, e torna a crescere dopo alcuni mesi di sostanziale immobilismo. Piuttosto stabili tutti gli altri partiti, con Forza Italia e +Europa che salgono dello +0,2% e con Italia Viva che al contrario arretra di tre decimali, ma senza scendere al di sotto della soglia “critica” del 3%.
Con l’inizio dell’era Draghi, però, si è oggettivamente aperta una fase nuova della politica italiana. Il dato sulla popolarità dei singoli partiti rimane quindi una variabile importante (in effetti, la principale) nelle misurazioni relative alle intenzioni di voto degli italiani, ma la ricomposizione degli schieramenti in Parlamento ci induce a tenere traccia anche delle nuove aggregazioni, necessariamente diverse da quelle dell’ultimo anno e mezzo (il periodo del Governo Conte II). Facendo le dovute somme, scopriamo così che la nuova maggioranza, cioè l’insieme di tutte le forze parlamentari che – al netto delle defezioni – hanno votato la fiducia a Draghi, vale il 78,6% dei voti “virtuali”. È un dato, ovviamente, elevatissimo, soprattutto se messo a confronto con quello dell’unica (almeno per il momento) opposizione parlamentare “ufficiale”, cioè FDI. Più interessante è provare a “scomporre” questo dato nelle sue diverse componenti. Ad esempio, quello della ex maggioranza giallo-rossa (PD-M5S-LeU), che sembra stia pensando di dar vita a un intergruppo parlamentare. Al momento, sul piano dei consensi virtuali (ma non quello dei numeri parlamentari) questa componente sarebbe quella più “pesante”, valendo quasi il 38%; la componente di centrodestra Lega-FI vale invece il 31,1%, mentre i tre soggetti liberal-riformisti (Italia Viva, Azione e +Europa) costituiscono una sorta di “terza gamba” che ad oggi vale l’8,5% dei voti.
Come dicevamo in apertura, gli sviluppi più recenti potrebbero incidere su questi numeri. Sappiamo che il nuovo premier gode di un livello di fiducia molto alto, e difficilmente questo dato subirà variazioni significative in queste prime settimane di “luna di miele”. Ma è interessante vedere quale sia stata la reazione degli italiani rispetto, ad esempio, alla composizione della squadra di governo. Da questo punto di vista, secondo la rilevazione Ipsos, la maggioranza degli italiani (46%) non sembra aver apprezzato la scelta di nominare così tanti esponenti politici (e di confermare ben 10 ministri del precedente governo).