“Piuttosto che pagare per lavorare, preferisco fare attività a titolo gratuito invece di rinunciare alla pensione”. E’ quanto ha scritto all’Asl di Melegnano (Milano) Carlo Staudacher, già primario di Chirurgia generale del San Raffaele, uno dei tanti medici in pensione che hanno deciso di rimettersi il camice per contribuire alla campagna vaccinale. Come tanti altri, ha però scoperto che, in base a un emendamento al decreto-legge 2/2021 introdotto il 12 marzo, ai medici in pensione che vengono contrattualizzati per la campagna vaccinale viene sospesa la pensione, con una norma di cui l’Enpam ha denunciato “l’insensatezza”. Staudacher, 77 anni, figlio di Vittorio considerato il padre della chirurgia d’urgenza in Italia, nonostante abiti a Milano da marzo ha prestato servizio come vaccinatore “ovunque mi abbiano mandato, da Trezzo, a Melzo, a Cernusco, lavorando 8 ore al giorno per 5 giorni, sabato e domenica compresi”. “Sono un medico – spiega – non potevo stare a vedere migliaia di morti senza fare nulla”.
Staudacher ha già visto però “molti colleghi lasciar perdere” e “tanti altri lo faranno – aggiunge – perché in un provvedimento per contrastare l’epidemia hanno messo un vincolo che è gravemente disincentivante”. Conosce da anni Letizia Moratti, assessore al Welfare di Regione Lombardia, “e l’ho contattata per spiegarle il problema. Mi ha detto che chiederanno al governo una modifica ma i tempi sono lunghi”.
“Non è una questione di soldi ma di dignità. Io prendo ora il compenso di 44 anni di attività e ho ovviamente dato la mia disponibilità per un’emergenza così importante. Ma – conclude – se mi ammalo, ora non percepisco nulla e la differenza tra pensione e contratto co.co.co. è un importo che il medico paga allo stato per fare le vaccinazioni”.