giovedì, Marzo 28, 2024

Vaccini, l’Ue è pronta a discutere di come la proposta degli Stati Uniti per una deroga alla protezione della proprietà intellettuale dei brevetti

“L’Ue è pronta a discutere di come la proposta degli Stati Uniti per una deroga alla protezione della proprietà intellettuale” dei brevetti “per i vaccini Covid possa aiutare a raggiungere l’obiettivo” di affrontare la crisi globale del Covid “in modo efficace e pragmatico”. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sceglie il suo intervento sullo Stato dell’Unione, a Firenze, per aprire alla proposta del presidente Usa, Joe Biden. I 27 leader ne discuteranno già al vertice informale, a Porto. Ma mentre le quotazioni delle aziende farmaceutiche crollano in borsa, e le Big Pharma manifestano tutto il loro  allarme, da Berlino – pur aprendo alla discussione – Angela Merkel lascia filtrare il suo scetticismo. “La protezione della proprietà intellettuale è una fonte di innovazione e deve rimanere tale anche in futuro”, fa sapere. Una voce fuori dal coro quella della cancelliera tedesca, mentre l’alleato di sempre, il presidente francese Emmanuel Macron, si dice “del tutto favorevole alla revoca”. Più sfumata, appare la posizione del premier Mario Draghi, che non si espone: “I vaccini sono un bene comune globale. È prioritario aumentare la loro produzione, garantendone la sicurezza, e abbattere gli ostacoli che limitano le campagne vaccinali” dice il premier alla vigilia della partenza per Porto. Il ministro Roberto Speranza invece esulta: “La svolta di Biden è un importante passo in avanti”. Ed il capo della Farnesina, Luigi Di Maio, commenta: “L’Italia c’è, l’Europa non perda questa occasione e dimostri di essere unita e coraggiosa”. Plaude il segretario dell’Onu, Antonio Guterres, “per il sostegno senza precedenti degli Usa”. Di “grande soddisfazione” parla la direttrice generale dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), Ngozi Okonjo-Iweala. Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, fa sapere che l’Eurocamera “è pronta a discutere” qualsiasi proposta che aiuti ad accelerare il processo di vaccinazione a livello globale. Persino il russo, Vladimir Putin, si dice pronto ad avallare l’idea. Ma di fronte alla febbre da brevetto, Farmindustria si dice “sorpresa e preoccupata”. Si tratta di “iniziative – sottolinea – che, di certo, non risolvono il problema di avere subito più vaccini”. L’ad di Pfizer, Albert Bourla, dichiara di essere “per nulla” favorevole, mentre il laboratorio tedesco BioNTech, mette in guardia: “i brevetti non sono il fattore limitante della produzione e dell’approvvigionamento” degli immunizzanti. “Non aumenterebbero la produzione mondiale né l’approvvigionamento nel breve e medio termine”. Intanto è tonfo a Wall Street per la casa farmaceutica Usa Moderna, il cui titolo è arrivato a perdere oltre il 9% , mentre Pfizer ha segnato oltre -2%. Anche a Bruxelles c’è cautela. In alcuni Palazzi delle istituzioni si evidenzia: la questione che l’Ue si pone è quale sia il modo migliore per vaccinare la popolazione mondiale a breve termine. “Lo è la revoca dei brevetti sui vaccini, sapendo che per stabilire una linea di produzione occorre almeno un anno. E per la discussione al Wto ne serviranno almeno due”, oppure è meglio puntare a rafforzare la capacità produttiva?” viene chiesto retoricamente. L’Ue non ha mai chiuso all’export dei vaccini, come invece hanno fatto Usa e Regno Unito. Bruxelles ha autorizzato il trasferimento di 200milioni di dosi, tante quante ne ha consegnate fino ad oggi ai propri cittadini. “Bisogna vedere in termini reali quanto può durare il negoziato, e la messa in produzione”, insistono le fonti. Il timore è che la discussione distolga dall’obiettivo reale. I sieri servono ora. Il meccanismo Covax, per le donazioni ai Paesi a basso e medio reddito, ha ricevuto solo 53milioni di dosi contro i due miliardi previsti entro l’anno, destinati ad immunizzare il 20% di quelle popolazioni. Insomma, occorre donare più che liberalizzare i brevetti. Anche perché la mossa potrebbe scoraggiare la ricerca delle industrie europee e Usa, a beneficio di Russia e Cina.
Redazione
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