lunedì, Maggio 13, 2024

Lazzeri: “La Lingua Italiana è sotto attacco”

Salviamo l’Italiano dal gender: no asterischi, neutri e “Schwa”

Siamo al paradosso. Si vogliono eliminare le desinenze maschili e femminili dalla nostra grammatica, perché sarebbero “discriminatori” e “non inclusive” delle nuove identità di genere neutre. Invece di dire “ciao a tutti” si dovrebbe dire “Ciao a tutt*”, “Ciao a tuttu” o Ciao a tuttə”, usando lo ‘schwa’, una lettera simile a una ‘e’ rovesciata (ə) inesistente peraltro nell’alfabeto italiano. “Così dopo Genitore 1 e Genitore 2, al posto di madre e padre ecco che arriva lo “Schwa”, già utilizzato in alcuni documenti ufficiali del Ministero dell’Istruzione e nelle circolari di alcuni istituti scolastici. Siamo al lavaggio del cervello soprattutto delle generazioni più giovani. Intere amministrazioni locali stanno redigendo i loro atti pubblici secondo le cosiddette regole “politicamente corrette”. Il Governo – spiega Francesca Lazzeri, referente di Pro Vita & Famiglia – ha la possibilità di fermare questa deriva, così come noi cittadini abbiamo la possibilità di manifestare il nostro dissenso, firmando la petizione popolare di Charge.org.” La petizione nasce a seguito della diffusione da parte del Ministero dell’Istruzione di alcune circolari in cui venivano riportate parole come «professorə» e «commissariə» connotate dalla lettera neutra e artificiale “ə”. Per indicare il plurale, invece, si usa la cosiddetta “schwa lunga”, che consiste in un “3”, cosicché invece di scrivere “professori” e “professoresse”, si scrive “professor3”. Dunque forma neutra che includerebbe il sesso maschile, quello femminile e tutti i neutri nelle infinite caratterizzazioni in ossequio all’ideologia gender. Gli articoli determinativi al plurale “i”, “gli” e “le”, invece, confluiscono tutti nell’universale “l3”. L’utilizzo della “schwa” servirebbe ufficialmente per superare gli stereotipi di genere e le disuguaglianze. All’atto pratico genera però grandissima confusione sia a livello lessicale, che psico-sociale. Non solo Pro Vita & Famiglia però. A scendere in campo in difesa della lingua italiana, nei giorni scorsi – tramite un’altra petizione, diffusa su Charge.org – anche alcuni intellettuali ed esponenti del mondo della cultura italiana, molti dei quali di orientamento progressista, tra cui Alessandro Barbero, Massimo Cacciari, Michele Mirabella, Paolo Flores d’Arcais, Edith Bruck e il presidente dell’Accademia della Crusca, Claudio Marazzini. Secondo il promotore, il linguista Massimo Arcangeli, quelle della “schwa” e degli asterischi finali sono «regole inaccettabili», che comportano il «rischio di arrecare seri danni anche a carico di chi soffre di dislessia e di altre patologie neuroatipiche». Come se non bastasse, però, dobbiamo ricordare anche che la non ancora codificata “schwa” attualmente coabita con altre forme crittografiche come l’asterisco (“tutt*) la chiocciola (tutt@) o la “u” (Buonasera a tuttu). Da notare, infine, la mortificazione delle professioni declinate al femminile. Usando la “schwa” non si dirà più “pittrice” o “vigilessa” ma genericamente “pittorə” e “vigilə”. Il tutto con buona pace dell’emancipazione femminile che, entrata dalla porta di decenni di rivendicazioni e conquiste concrete, uscirebbe dalla finestra di un subdolo simbolismo lessicale.
Camilla Augello
Redazione
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