lunedì, Maggio 6, 2024

Covid, per il Cts “Ok uscire dall’emergenza ma guai alla memoria corta”

”L’intero pianeta ha dovuto affrontare la più epocale emergenza dell’era moderna con milioni di morti. Abbiamo lavorato con sacrificio e spirito di servizio cercando di accompagnare il Paese verso quel traguardo che finalmente si vede in maniera tangibile e che coincide con il 31 marzo prossimo” ma ”cerchiamo di non avere memoria corta”. A due anni dall’inizio della pandemia il dirigente medico della Polizia, esperto in gestione delle emergenze, Fabio Ciciliano traccia, in un’intervista all’Adnkronos, un bilancio del lavoro svolto come componente del Comitato tecnico scientifico che esaurirà il suo compito e le sue funzioni il 31 marzo prossimo. Al Cts dal 5 febbraio 2020 sono stati richiesti molti pareri dal governo sulla gestione della pandemia: ”E’ del tutto normale che le decisioni dei due governi che si sono succeduti in questi anni di pandemia siano state prese sulla base delle indicazioni che la componente tecnico-scientifica ha via via maturato con il patrimonio di conoscenza che aveva a disposizione e che con il passare del tempo è aumentato grazie alla comunità scientifica internazionale – sottolinea – Non sempre i pareri del Cts sono stati raccolti ed è stato assolutamente normale che ciò potesse accadere. Le valutazioni della componente politica hanno infatti dovuto considerare tutti gli aspetti del nostro vivere di quei momenti, cosa che alla parte tecnica e scientifica non era richiesto”. Fabio Ciciliano ha fatto parte del Comitato tecnico scientifico dall’inizio dell’emergenza, nella prima fase come segretario, poi, nel secondo Cts, quello nominato dopo la caduta del governo Conte dal nuovo premier Mario Draghi, come componente. E sulle differenze tra queste due esperienze dice: ”Più che di diverso approccio dei due governi, parlerei delle distinte fasi della pandemia”. ”Il primo Cts è stato un organismo di vera e propria emergenza – sottolinea – Le decisioni dovevano essere prese in maniera immediata, tempestivamente e con informazioni parziali. Condizioni molto complesse che hanno determinato una pressione indescrivibile per diversi mesi su ognuno di noi. Si sentiva il peso di ogni singola decisione, la responsabilità delle risposte che venivano fornite e che il Paese attendeva con dolorosa attesa. Era il tempo del lockdown rigidissimo, delle bare portate via dai camion dell’Esercito, dei numeri dei morti che inesorabilmente salivano, della mancanza delle mascherine, delle bombole di ossigeno, dei raccordi inventati con le stampanti 3d per collegare ventilatori alle maschere subacquee. Questo era il tempo, cerchiamo di non avere memoria corta”.
Redazione
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