domenica, Novembre 9, 2025

Sondaggio Swg: Pd (21,3%), Fratelli d’Italia (20,9%), Lega (16,5%), M5S (13,5%)

Le ultime settimane sono state segnate da una certa agitazione tra le forze politiche, in particolare rispetto ad alcune scelte del Governo in risposta alla crisi scatenata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Nei sondaggi si iniziano a vedere dei contraccolpi anche per ciò che riguarda le intenzioni di voto: lo si vede bene nella Supermedia di oggi, dove gli elementi di novità sono essenzialmente due. Il primo è la presenza di Italexit, movimento sovranista di Gianluigi Paragone che ha fatto il suo “debutto” la scorsa settimana e che oggi si conferma con un buon dato, sopra il 2%. La seconda novità è il “rimbalzo” del Movimento 5 Stelle, che dopo un lungo periodo di trend negativo ritorna sopra il 13% con un saldo positivo dello 0,8% in due settimane. In testa c’è sempre il Partito Democratico, tallonato a breve distanza da Fratelli d’Italia, che perde qualcosa rispetto a 14 giorni fa ma resta vicinissimo alla vetta. Per quanto riguarda tutti gli altri partiti, le oscillazioni sono minime e non si registrano tendenze di medio periodo significative. La crescita del M5S può essere spiegata con “l’attivismo” dimostrato da Giuseppe Conte (fresco di riconferma a capo del Movimento con una nuova votazione online), in particolare sul tema delle spese militari. A confermarlo, una rilevazione di SWG che ha misurato il grado di apprezzamento dei leader dei 4 principali partiti (PD, FDI, Lega e M5S) in relazione alle posizioni assunte su diversi aspetti legati alla crisi ucràina (le responsabilità della Russia e i rapporti con Putin, l’invio delle armi e gli aumenti delle spese militari, l’accoglienza dei rifugiati, etc). Da questa rilevazione emerge come Conte sia il leader con il voto medio più alto (5,1 su 10), seguito da Enrico Letta (5,0), Giorgia Meloni (4,3) e Matteo Salvini (3,6). Anche se si prendono in considerazione i singoli elettorati, Conte dimostra una forte sintonia con la sua base, con un voto medio pari a 7,8 su 10, anche in questo caso seguito da Letta (7,2 tra chi vota PD), Meloni e infine Salvini (6,4 e 6,2 tra gli elettori di FDI e Lega rispettivamente). Le turbolenze interne alla maggioranza – sfociate in aperta polemica tra Draghi e Conte sull’aumento delle spese militari – non fanno però venire meno l’appeal elettorale complessivo delle forze di governo, che anzi oggi torna sopra il 70% dopo essere stato (per due settimane di fila) al di sotto di questa soglia “simbolica”. Diciamo spesso che quella di Draghi è una “super-maggioranza”, non solo in Parlamento ma anche sul piano dei consensi ai partiti che ne fanno parte. Questo si vede bene nel confronto con le altre maggioranze di questa legislatura, cioè quelle dei Governi Conte I e II: se il primo poteva contare su una maggioranza parlamentare che sul piano dei consensi oscillava tra il 50 e il 60%, il secondo si è sempre mantenuto (di poco) sopra il 40%. Questo rende oggettivamente difficile parlare di “crisi” per i partiti che sostengono il Governo Draghi, nonostante un momento in cui – per usare un eufemismo – non vi è certo grande armonia tra le sue varie componenti politiche. Tutto questo, ovviamente, non significa che per il Governo (e il premier più nello specifico) vada tutto bene. Anzi: un ulteriore dato fornito da SWG riguarda direttamente Mario Draghi e la sua azione sul piano internazionale, e mostra come il 54% la giudichi poco o per nulla efficace. Un giudizio probabilmente ingeneroso, se si considera che – secondo il Financial Times – una delle misure sanzionatorie più “dolorose” per Putin è stata il blocco delle riserve russe detenute presso le banche centrali occidentali, misura di cui proprio Draghi è stato tra i principali ispiratori e artefici. Ma questo giudizio severo diventa più comprensibile alla luce delle polemiche relative all’aumento delle spese militari, questione decisamente al centro dei riflettori nell’ultimo periodo.
Redazione
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