sabato, Aprile 20, 2024

Tamponi, è scontro aperto tra il governatore Zaia e il virologo Crisanti

Dopo le dimissioni dall’università di Padova, ufficializzate ieri pomeriggio, il ricercatore e senatore Pd Andrea Crisanti, in un’intervista al quotidiano La Repubblica, annuncia di voler andare fino in fondo per fare chiarezza sulla vicenda dei test rapidi per il Covid in Veneto e sulle responsabilità del governatore Luca Zaia. La dichiarazione arriva all’indomani dalla diffusione nel programma ‘Report’ dell’intercettazione di una telefonata, effettuata dalla Procura di Padova, in cui il governatore del Veneto avrebbe parlato di portare Crisanti “allo schianto”.  “E’ una cosa che lascia senza parole. Vedere la vera faccia del potere e come viene esercitato fa orrore”, il commento del senatore Pd all’Ansa. L’intercettazione è stata effettuata nell’ambito dell’inchiesta che ha indagato Roberto Rigoli, ex direttore del laboratorio di microbiologia di Treviso, e Patrizia Simionato, dg di Azienda Zero sulla base di un esposto partito dallo stesso Crisanti. I due devono rispondere di falso ideologico e di turbata libertà di scelta del contraente. La prossima udienza è fissata per il 6 febbraio. “Le dichiarazioni del governatore Zaia sono molto gravi, testimoniano ancora l’intento intimidatorio nei miei confronti -spiega Crisanti alla stampa- Sono una persona onesta e incorruttibile, non mi sono mai piegato a compromessi. E quando, nell’ambito del contrasto alla pandemia, c’era da evidenziare ciò che non andava, l’ho sempre fatto. Questo regime di intimidazione in questa Regione deve finire”, sottolinea con forza il ricercatore che nel 2020 ebbe l’incarico di affrontare la prima ondata di Covid, creando il cosiddetto ‘modello Veneto’. “Ho fatto l’accesso agli atti dell’inchiesta – aggiunge Crisanti – e si capisce che Zaia è l’orchestratore della campagna di diffamazione e discredito. Io stavo solo cercando di salvaguardare la Regione, informando che era una follia utilizzare tamponi rapidi per lo screening durante la seconda ondata di Covid. Anche dalla semplice lettura del bugiardino – spiega ancora- si capiva che erano sconsigliati per lo screening dei pazienti in entrata negli ospedali e nelle Rsa per anziani. All’unità di crisi, quindi, ho proposto uno studio su tutti i pazienti del pronto soccorso, per testare l’efficacia dei tamponi rapidi: è venuto fuori che hanno una sensibilità del 70%, insufficiente per avere adeguato valore predittivo negativo, cioè la probabilità di identificare come negativo un negativo vero. Ho cercato di spiegarlo e di avvertire i vertici della Regione”, conclude il microbiologo. Ora il senatore Pd sta valutando con un avvocato se si possa ravvisare un’ipotesi di reato: “Se così fosse, inseguirò Zaia fine alla fine del mondo”, ha dichiarato. Secondo l’accusa, in sostanza, Rigoli, ex direttore del laboratorio di microbiologia di Treviso, incaricato di confermare l’idoneità  clinico-scientifica dei tamponi, non avrebbe svolto correttamente il compito assegnatogli.   Per Crisanti i test antigenici acquistati dalla Regione Veneto nell’estate del 2020, tra la prima e la seconda ondata, sarebbero stati poco affidabili, mentre per Rigoli la corrispondenza “è sovrapponibile nella totalità dei campioni esaminati”. Ad acquistare i test rapidi non è stato solo il Veneto ( con una maxi commessa da 148 milioni di euro) ma anche altre cinque regioni. La trasmissione Report documenta attraverso le intercettazioni il livello progressivo del deterioramento dei rapporti tra Zaia e Crisanti, a partire dalla paternità sui test effettuati su tutta la popolazione di Vo’ Euganeo. Se il parlamentare, dopo le dimissioni presentate a fine anno, afferma ora di “essere libero di prendere ogni decisione che lo riguarda, visto anche che vi sono molte intercettazioni che riguardano anche altri docenti dell’Università”, il Veneto affida la propria replica alle parole del legale di Rigoli, Giuseppe Pavan, e a una lunga nota dei vertici della Sanità regionale. Per Pavan, il suo assistito “ha fatto il proprio dovere” e lo stesso microbiologo “ha solo perseguito il bene pubblico”. I vertici della sanità veneta, da parte loro, difendono la correttezza delle proprie decisioni. “La strategia della Regione del Veneto, tesa al perseguimento dell’obiettivo ultimo di prevenire il più possibile contagi, ricoveri e decessi – si afferma in una nota-  si è sempre fondata, fin dalle prime fasi dell’emergenza pandemica, su indicazioni tecnico-scientifiche di livello internazionale e nazionale”.
Redazione
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