mercoledì, Maggio 14, 2025

Sudan nel caos, l’esercito regolare ai diplomatici: Garantiamo evacuazione

E’durata pochissimo la tregua di ieri sera in Sudan, dove di nuovo da stamane si odono colpi d’artiglieria e avvengono esplosioni continue a Khartoum: la capitale avvolta dal fumo nero degli scontri, è asserragliata da massicci combattimenti tra i due eserciti rivali, scontri che avvengono anche in altri centri del paese come il Darfur. Manca oramai quasi tutto: cibo, acqua, medicinali per una popolazione di 5 milioni di abitanti solo a Khartoum costretti da oramai 7 giorni a non uscire di casa per non finire sotto i colpi incrociati tra le due milizie. L’Onu parla di oltre 600 vittime e di migliaia di feriti. Gli ospedali, anche quelli gestiti dalle ong, sono allo stremo e in molti cercano di fuggire in cerca di zone meno toccate dal conflitto. Secondo l’Unhcr in circa 20.000 per lo più donne e bambini, hanno cercato rifugio nel vicino Ciad. Per assistere i civili, il Comitato internazionale della Croce Rossa ha chiesto “un accesso umanitario immediato e senza ostacoli”.  La fragile tregua di 3 giorni concordata ieri sera tra le forze armate dei paramilitari del Supporto Rapido (Rsf) e l’esercito regolare (Saf) è stata subito violata, a nulla è servito l’appello della comunità internazionale al cessate il fuoco anche in occasione della fine del Ramadan. Il  ministero della Sanità riferisce che sono oramai oltre 600 le vittime e 3.500 i feriti degli scontri cominciati lo scorso 15 aprile. Fra i morti ci sono 4 operatori umanitari Onu e un cittadino americano, secondo quanto riferiscono fonti Usa. Secondo l’Unicef, fra le vittime ci sono anche una decina di bambini. La situazione peggiora di ora in ora, i Paesi stranieri che hanno rappresentanze sul territorio ora tentano di organizzare l’evacuazione del loro personale nelle ambasciate e dei loro connazionali. “Il comandante in capo delle forze armate” sudanesi, “il generale Abdel Fattah al-Burhan, ha ricevuto telefonate dai leader di diversi paesi che chiedevano di facilitare e garantire l’evacuazione dei loro cittadini e delle loro missioni diplomatiche dal paese, ed ha acconsentito a fornire l’assistenza necessaria per garantirla”: lo riferisce su Twitter lo stesso esercito sudanese.   Tutti sono pronti all’evacuazione ma non è certo una cosa semplice da organizzare, ci vogliono corridoi umanitari sicuri, anche perché l’aeroporto internazionale di Khartoum, il più grande del Sudan, risulta ancora chiuso insieme allo spazio aereo. Dopo Stati Uniti – che nel paese avrebbero circa 19000 connazionali – ed Europa perfino il ministero degli Esteri saudita ha avviato i preparativi per l’evacuazione di cittadini sauditi e di altri Paesi dal Sudan all’Arabia Saudita. E anche il Regno Unito sta organizzando il rimpatrio dei diplomatici e degli altri cittadini britannici, e analoghi annunci sono stati effettuati anche da Francia e Cina.  Negli ultimi due giorni, diversi Paesi tra cui Giappone, Spagna, Corea del Sud e Stati Uniti hanno annunciato il dispiegamento di aerei a Gibuti, a circa 1.700 chilometri dalla capitale sudanese, da dove sarà coordinata l’evacuazione.  In Sudan ci sarebbero anche un paio di centinaia di italiani. La Farnesina ha consigliato loro di restare nelle proprie abitazioni. “Il Governo sta facendo di tutto e farà tutto per garantire sicurezza e incolumità ai nostri concittadini” in Sudan, ha anche detto Tajani. Stiamo lavorando perché si possa arrivare a una tregua duratura”, ha scritto su Facebook il ministro degli esteri Antonio Tajani.

Articoli correlati

Ultimi articoli