
Il giudice di Como, Veronica Dal Pozzo, nelle motivazione della sentenza con cui ha condannato Azouz Marzouk a due anni e mezzo per diffamazione aggravata ai danni degli ex cognati, Beppe e Pietro Castagna, ha specificato che il marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef, due delle quattro vittime della strage avvenuta a Erba l’11 dicembre del 2006, ha tenuto una condotta diffamatoria “di gravità estrema”, con insinuazioni che hanno alimentato la corrente innocentista sull’eccidio, e la denigrazione delle parti offese “già una prima volta stravolte dall’efferato omicidio dei loro familiari, e nuovamente travolte dalla impressionante risonanza mediatica delle infondate accuse a loro rivolte”. Nelle motivazioni, pubblicate da “Il Giorno”, il giudice ha spiegato anche perché ha raddoppiato la richiesta del pm (un anno e tre mesi). In un articolo su un sito nel febbraio del 2019 si sosteneva l’ipotesi che la strage avesse un fine economico: “Indagate sulla famiglia – aveva detto Marzouk – mio figlio Youssef conosceva l’assassino… Lo ha ucciso qualcuno vicino a mia moglie. Basta leggersi le carte per capire che qualcuno voleva l’eredità di mia moglie». Al giudice è apparso chiaro il riferimento alla famiglia delle vittime e nella sentenza sottolinea lo “speciale disvalore” di questo comportamento sotto due profili: “Non solo che l’accusa provenisse da loro stesso cognato, ma anche e soprattutto che si sia inserita nel fluire di una corrente innocentista e revisionista del processo, risolvendosi in una vera e propria campagna di disinformazione, fatta di sibilline allusioni ed eclatanti denigrazioni, brutalmente lesiva della reputazione dei fratelli Castagna”. Un condotta compiuta “nella consapevolezza della falsità delle accuse loro rivolte”.